la Sua affettuosa lettera mi permette di precisare il senso che do
alle mie segnalazioni di libri vari.
1. In un libro a più voci, a più firme,
gli studi sono necessariamente diversi e spesso anche di livello differente. In
una ricerca, che è pur sempre un laboratorio, si compiono sovente passi
incerti, traballanti o anche falsi. Io sottolineavo il senso del plurale, una
spiritualità più aperta, ma dicevo anche che i due volumi segnalati non erano
una novità per chi segue lo sviluppo delle teologie della liberazione.
2. A
volte i teologi e le teologhe della liberazione "confezionano" i loro scritti
con una enfasi che sembra enunciare delle novità mentre scrivono pagine ormai
note ed arcinote. È la loro costruttiva "passione" che va capita. Leggendo
Comblin, Tomita, Barros ed altri si leggono delle "novità" che Girardi, Metz e
Molari e altre/i scrissero in Europa e in Italia almeno 40 anni fa con rigore e
documentazione.
3. In merito al libro in questione ci sono anche pagine di una
terribile confusione. L'articolo di cristologia nelle pagine 119 – 130 offre un
quadro di ricaduta dogmatica assai contraddittorio. E potrei segnalarne altri.
4. Insomma, caro Lino, un libro non è un trattato di dogmatica. Chi studia deve
confrontarsi con il plurale, discernere, consentire e dissentire. Altrimenti si
diventa solo ripetitori.
Con un forte abbraccio e… buona lettura…
don Franco