Valeria Fraschetti su Repubblica del 19 agosto ha intervistato la scrittrice Lijia Zhang.
“La forbice economica cresce, la frenesia delle vite pure, per non parlare della pressione sul lavoro, tremenda”: Lijia Zhang conosce bene il costo che c'e dietro l'epocale sorpasso dell'economia cinese sul Giappone. Prima di diventare scrittrice, è stata per anni operaia in una fabbrica di missili: oggi vive nell'incessante trambusto che è Pechino, metropoli da quasi 20 milioni di abitanti. Per questo l'autrice del ro manzo autobiografico Socialismo è grande! (Cooper Editore) non è tanto sorpresa di fronte ai dati sulla dilagante infelicità dei suoi connazionali.
Signora Zhang, la Cina è diventata la seconda economia più grande al mondo, la classe media cresce più velocemente che altrove, eppure per il popolo il segreto della felicità non sembra essere nei soldi.
“La nostra crescita economica è tanto tumultuosa quanto iniqua: i ricchi aumentano, ma anche il gap con i poveri. Così stiamo diventando un popolo di invidiosi e lo slogan governativo sulla "società armoniosa" appare sempre più una fandonia”.
Spesso si guarda alla Cina come a una nazione la cui unica religione è il lavoro. Eppure da lì arrivano segnali d'allarme come i suicidi nelle fabbriche e le proteste per i salari.
“Certo, ma ci sono anche altre cause di questa insoddisfazione diffusa, come il traffico e i vertiginosi prezzi immobiliari”.
In passato interrogarsi sulla felicità era considerato capriccio da occidentali. È ancora un tabù?
“No, nelle biblioteche ci sono libri sul benessere mentale e le sale d'attesa degli psicologi sono sempre più affollate”.
E il governo sta tenendo conto di questo malessere collettivo?
“In parte sì, basta guardare ai progetti ecologici. Ma per ora non è costretto a preoccuparsene molto: i cinesi, a dispetto della loro dichiarata infelicità, hanno un incrollabile ottimismo verso il futuro, grazie alle performance economiche del Paese”.