martedì 26 ottobre 2010

INDIFFERENZA ED ABBANDONO

MACELLERIA CARCERARIA
Amami quando lo merito di meno, perché sarà quando ne ho più bisogno (Catullo)
Dall’inizio dell’anno i suicidi in carcere sono 55 … e nessuno ne parla.
Molte persone aldilà del muro di cinta si domandano perché molti detenuti si
tolgano la vita.
Invece molti detenuti al di qua del muro si domandano quale motivo hanno per
non togliersi la vita.
La verità è che la morte in carcere è l’unica cosa che può portare un po’ di
speranza, amore sociale e felicità, perché quando ti togli la vita hai il vantaggio di
smettere di soffrire.
Una volta il carcere era solo una discarica sociale, ora è diventato anche un
cimitero sociale.
E da un po’ di anni a queste parte la cosa più difficile in carcere non è più morire,
ma vivere.
I detenuti in carcere vengono controllati, osservati, contati, ogni momento del
giorno e della notte, eppure riescono facilmente a togliersi la vita.
Diciamo la verità: i detenuti non sono amati e non importa a nessuno se si tolgono
la vita.
Ormai le persone perbene si voltano dall’altra parte, mentre altri fanno finta di
non vedere quello che vedono.
Diciamoci la verità: questo accade perché la grandissima maggioranza della
popolazione detenuta è costituita da individui disperati, poveri cristi, immigrati,
tossicodipendenti, disoccupati e analfabeti.
Persone di cui non importa a nessuno.
Eppure di questa “gentaglia”, di questa “spazzatura umana” non andrebbe
buttato via nulla, perché con lo slogan “Tutti dentro” e “Certezza della pena” i
partiti più forcaioli vinceranno le prossime elezioni.
Nella stragrande maggioranza dei casi la morte in carcere è la conseguenza di un
comportamento passivo e omissivo dello Stato, che scaraventa una persona in
una cella, la chiude a chiave e se ne va. Eppure l’eutanasia in Italia è proibita.
Lo Stato non fa nulla per evitare la morte in carcere, non per niente l’Italia è il
Paese più condannato della Corte Europea dei Diritti Umani.
Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto, ottobre