giovedì 13 gennaio 2011

LA MIA RISPOSTA

Gentile Signora,

la Sua accorata e limpida lettera mi offre l'occasione per un dialogo che potremo proseguire al telefono. Ho  "tagliato" il suo lungo scritto per eliminare i tratti troppo personalizzanti.

  • Dunque, dell'editore Massari ho suggerito tre libri decisamente interessanti e provocatori: "Una fede incredibile nel XXI secolo", "Il sogno di Nabucodonosor" e "Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo". Mi rendo conto che questi libri, tutt'altro che recenti, rappresentano una lettura seria, impegnativa, poco diffusa nelle comunità, assolutamente provocatoria.
  • Comincio proprio da questa provocazione: o cambia "la presentazione" del cristianesimo o esso diventa impresentabile per gli uomini e le donne di oggi. Tutto  il castello dogmatico, specialmente quello cattolico romano, non ha fondamento biblico e appartiene ad un "linguaggio" che l'uomo e la donna adulti e consapevoli di oggi non possono più accettare. Viene da un altro universo mentale. Questa è la tesi di fondo dei tre libri. La questione posta a mio avviso è inevitabile. Oggi parlare di nascita verginale, di divinità ontologica di Gesù, di diavolo, di indulgenze, di infallibilità papale, di espiazione, di presenza reale, di suffragio, di esclusione della donna dal ministero, di unica via di salvezza, di emarginazione degli omosessuali, di gerarchia voluta da Gesù… è sia antropologicamente che biblicamente insostenibile. Si tratta di un universo dogmatico, dottrinario e culturale tramontato. Non la fede è tramontata, ma il modo con cui essa è detta ed espressa. Questo "mito" cristiano ha sposato una certa cultura che è infantilizzante, esclusiva, nemica della crescita umana sul piano culturale e psicologico.
  • Ovviamente, specialmente l'opera di Spong corre il rischio di essere soprattutto "demolitaria", cioè attenta a "decostruire la vecchia casa", a negare il "vecchio castello" e tutte le sue impalcature. Certo, è più facile smontare il vecchio che costruire il nuovo. Ma i nostri Autori hanno presente questo rischio che corrono e lo dichiarano apertamente a più riprese. Qua e là trovo anche alcune loro interpretazioni ed osservazioni banali ed imprecise. A volte sfondano porte già aperte da almeno 50 anni. Talvolta, specialmente sulla questione del teismo e della cristologia, i loro linguaggi mi sembrano imprecisi e assai confusi. Non condivido gran parte della riflessione di Spong sulla preghiera, anche se ne apprezzo alcune critiche peraltro assai scontate… Lenaers mi sembra assai più costruttivo, più attento ad un cammino di fede che riscopra alcuni "pilastri". Ma, in realtà, quando si cerca onestamente e rigorosamente qualche nuovo sentiero, è impossibile tenere sott'occhio ed in equilibrio tutte le dimensioni delle ricerche in atto.
  • In realtà, tranne che in pochi passaggi, il discorso della "rilettura della Bibbia", è assai carente, presupposto, ma mai tematizzato adeguatamente. Questo è un aspetto assolutamente insufficiente nei tre testi citati, anche per la formazione più sistematica degli Autori. Come leggere la Bibbia oggi in questo "lunghissimo spazio antropologico e culturale" che separa scrittori di ieri e lettori-lettrici di oggi? È il "tema" al quale ho dedicato più studio e passione negli anni del mio ministero. Ma, del resto, non possiamo chiedere tutto ai nostri Autori che, del resto,  non sono affatto sprovveduti sul terreno esegetico ed ermeneutico.
  • Non sono mai un esaltatore acritico delle opere che sollecitano il rinnovamento e non consiglio questi testi come "il nuovo cristianesimo". Però li apprezzo per la solidità sostanziale della ricerca, per il coraggio delle domande e delle proposte, per la fede sincera e dichiarata che questi Autori confessano. Sarebbe far loro torto considerarli come gente che sconsideratamente mina le basi della nostra fede. A me sembrano fratelli e colleghi che danno risonanza ad interrogativi che avverto da decenni e ai quali lavoro da tempo. La quasi totalità di queste pagine per me è scontata da decenni.
  • Alle nostre chiese, che spesso dormono inconsapevoli su comodi guanciali dogmatici, queste pagine possono fare un gran bene… Purtroppo (lo constato e lo esprimo con dolore), non ho trovato quasi nessuno con cui discutere profondamente questi testi che non vengono diffusi nei seminari, nelle facoltà teologiche e nelle chiese locali, nei gruppi biblici.
  • Nei piccoli, modesti ed insignificanti libretti che sto scrivendo (il primo "Come la samaritana" è uscito questa settimana) cercherò di "proseguire il discorso" in chiave costruttiva. A me preme che la demolizione di pezzi del vecchio castello aiuti a scoprire sotto sotto "la bella cosa della fede".

È questa fede, ogni giorno da riscoprire e da ridire (di cui parlai in uno dei miei primi libri che titolai "Una fede da reinventare") che mi interessa. Se mettiamo le ruspe per portare via tanti detriti è appunto per trovare il tesoro nel campo.

Perché avere paura delle domande?

Perché continuare pigramente a ripetere delle"formule" quando esse sono diventate "idoli"? Siccome siamo adoratori del "Dio Vivente" perché volerlo fotografare anziché andare ogni giorno alla ricerca della Sua presenza e alla ricerca dei modi più vitali per darne testimonianza in opere e parole?

Non si tratta di buttare via il passato o di sognare un cristianesimo tutto nuovo nato oggi: la storia è fatta di lunghi cammini e chi si ferma non è certo fedele al cammino. Oggi nella nostra chiesa fedeltà è diventata sinonimo di immobilismo. Non sembra la strada giusta per quanti la Bibbia definisce "i discepoli della via".

In realtà, se posso dirla la mia esperienza e la mia opinione, il bello di questa fede ebraico-cristiana è la sua freschezza, la sua irriducibilità a dogma, a traguardo raggiunto.

Essa è il dono di una presenza amorosa di quel Dio che sfugge ad ogni fotografia, ad ogni dottrina, ma che avverto ogni giorno come sorgente di vita e di amore per me e per tutto il creato: quel Dio di cui Gesù di Nazareth nella preghiera e nelle opere ci ha dato testimonianza.

Tramontano i linguaggi, ma non tramonta Dio.

Superato il primo impatto e superata la rigidità di alcune pagine che sembrano far partire tutto dall'oggi, questi libri ci aprono ad un orizzonte plurale. Forse dobbiamo ancora camminare molto per realizzare, anche all'interno dei molteplici cristianesimi, la pacifica acquisizione che le differenze sono ricchezze. Ma è non chiudendo porte e finestre alla ricerca che l'aria di casa nostra diventa più salutare, gioiosa e feconda.

Buona lettura, carissima amica…

            don Franco Barbero