martedì 4 gennaio 2011

TRAGEDIE QUOTIDIANE CHE VENGONO NASCOSTE

 

 Le anime dimenticate del deserto del Sinai

dicembre 2010

  Il gruppo Facebook “Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai” supera in pochi giorni i 2700 iscritti, fra i quali gli attivisti del gruppo Facebook, di EveryOne e di altre ong e i comuni cittadini che hanno iniziato da due giorni lo sciopero della fame e chiedono all'Egitto di intervenire contro i sequestratori, ai governi democratici di operare per la salvezza degli ostaggi, all'ONU di utilizzare ogni strumento per evitare una tragedia ancora più immane e all'Ue di offrire accoglienza ai migranti quando saranno liberi.

30 dicembre 2010 - È proprio vero, noi uomini siamo capaci d’esser brutalmente sordi al richiamo assordante d’aiuto proveniente dal deserto del Sinai. Sono decine di giorni che un’ottantina di profughi eritrei sono tenuti prigionieri dai predoni in condizioni disumane tra i confini dell’Egitto e di Israele.

I predoni chiedono alla Comunità internazionale il pagamento di un riscatto di 8 mila dollari per la loro liberazione. E, per attenere il riscatto, compiono ogni sorta di violenza, specialmente sulle donne. Infatti,diversi ostaggi sono stati brutalmente uccisi.

Al grido di dolore dei prigionieri, uomini e donne, che fuggivano dall’Eritrea è calata una cappa di silenzio generale, che nemmeno la ricorrenza del Natale è riuscita a risvegliare le coscienze di ognuno di noi.

 Ai mass media fa comodo riportare frivole notizie, piuttosto che coinvolgere l’intera comunità internazionale attraverso quel sacrosanto diritto di cronaca. Ma si sa, i profughi eritrei fanno parte di quella umanità senza diritto di appartenenza: loro non devono e non possono “disturbare” l’opulenta società cosiddetta civilizzata. Loro muoiono nell’indifferenza del mondo intero?

 Non importa, la loro condizione di profughi non interessa nessuno, né alla Libia che ha consentito di intraprendere il viaggio, né all’Egitto, né ad Israele: terra agognata dai prigionieri che avrebbero dovuto raggiungere dopo aver sborsato duemila dollari a testa, agli stessi predoni.

 Ma è l’intera collettività che rimane insensibile a tanto dramma. Noi tutti, spesso e giustamente, ci indigniamo per analoghe gesti compiute da predoni del deserto, in occasioni di rapimenti di uomini “occidentali”. Ed oggi, invece, per i prigionieri del Sinai, quasi nessuno spende una parola di condanna, ma soprattutto nessun Governo si prodiga ad aiutare le “anime dimenticate”.

 In fondo chi sono? Uomini e donne anonimi: uomini e donne colpevoli di voler vivere in un mondo migliore. Un mondo che sta chiudendo loro ogni speranza di vita e tutto nell’indifferenza di ognuno di noi, che non riusciamo più ad essere cittadini del mondo. L’apatia, l’egoismo oramai è parte integrante del nostro vivere. Abbiamo smarrito la strada della solidarietà e dell’amore verso il prossimo ed è per questo che mi rivolgo al ministro Frattini.

 Ministro Frattini, la prego utilizzi ogni sforzo possibile per salvare le vite dei profughi, faccia in modo che l’Italia, attraverso l’autorevolezza che la distingue, riesca a liberarli. La vita di quegli uomini e donne non può essere quantificata in 8 mila dollari: nessuna somma di denaro dovrebbe decidere la vita d’ogni essere umano.

 In questi giorni è nato spontaneamente su Facebook il gruppo “Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai” e subito ha superato i 2700 scritti. Qualcuno di noi hai iniziato lo sciopero della fame, per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governanti che dovrebbero decidere.

 

Ed è per questo ministro Frattini che anche al nome del gruppo la prego di intervenire a favore dei prigionieri: non permettiamo che le loro anime siano dimenticate e vaghino per il deserto del Sinai. Riportiamoli alla vita.