mercoledì 23 febbraio 2011

Da campioni schiavi a tossicodipendenti

Basterebbe l’orrore. L’orrore di uno che si infila un ago in vena, riempie una sacca di sangue, la mette nel frigo, la conserva gelosamente e poi se la reinfonde pochi giorni prima della gara importante, nel caso il Giro del Mediterraneo cui Riccò avrebbe dovuto partecipare. Un’ora faccia a faccia con la morte. Perché in questa inarrestabile follia c’è il rischio della vita. Riccardo è arrivato all’ospedale quasi allo stremo. Codice rosso, poteva essere morto. I medici l’hanno salvato per i capelli, come ha ammesso anche il padre. E noi oggi staremmo a piangere l’ennesima vittima di una farmacia dannata e di abitudini entrate ormai nel costume sportivo con naturalezza sfacciata e traditrice. Quasi una normalità, un “dovere” al pari del buon allenamento e della buona alimentazione, della vita da atleta. Con l’evidente complicità dei parenti, medici, tecnici, dirigenti ecc. Una naturalezza che, raccontano le cronache, si spinge ormai fino ai minorenni, innescando una spirale infinita. Ti “fai” da sportivo per vincere e puoi finire a “farti” da uomo “normale” una volta uscito dal rutilante palcoscenico dello sport. Dietro il giusto paravento della privacy, sono decine i corridori alle prese con la cocaina del dopo, e peggio. Soli, abbandonati a se stessi, la psiche distrutta dalla dipendenza. “ Se non fai come gli altri – raccontava tempo fa uno del plotone – non arrivi neppure al traguardo”. Schiavi del doping. In nome dello spettacolo e del business. C’è qualcosa di sport in tutto questo?

Queste note di Eugenio Capodacqua (Repubblica 9 febbraio) guardano oltre il recidivo Riccò che pedala da macchina volante. Descrivono un fenomeno in crescita. Ma i cronisti dei vari “giri” non sanno mai vedere quando pedala un uomo o quando c’è la cocaina o una qualche forma di doping. Se frequentassero un corso di volontariato nel centro di cui sono coordinatore non sarebbero così ingenui e, tutto sommato, ignoranti rispetto all’uso delle droghe. Basterebbe talvolta guardare gli altri negli occhi anziché elle gambe.