L’Italia democratica nacque su un patto costituzionale fondativo di un’alleanza. Alleanza fra i ceti sociali per garantire libertà, giustizia e uguaglianza a tutti i cittadini di ogni condizione e stato, alleanza per progettare il futuro tramite la collaborazione e il rispetto fra le generazioni, alleanza fra donne e uomini per istituire una nuova modalità di relazione fra i generi, non più basata sul predominio maschile per la sottomissione del ruolo del femminile, ma con un idea di pari dignità, di pari accesso al lavoro, alla conoscenza, al governo della cosa pubblica nel quadro di una valorizzazione delle specificità. Alleanza fra impresa e lavoro per riconoscere al lavoratore il suo ruolo di cittadino e di motore nella costruzione di una democrazia compiuta. La destra berlusconiana ha infranto il patto e spazzato via il concetto stesso di alleanza. Non poteva essere altrimenti visto che ha introdotto nel tessuto del sistema democratico italiano il virus del capo carismatico, del signore feudale che ha ragione per statuto e definizione. Il lettore ci avrà ovviamente fatto caso. Non una sola volta il Cavaliere ha fatto un, ammissione di errore o di colpa, non compare nel suo vocabolario il termine autocritica. La parola dialogo per lui ha un solo significato: parliamo per stabilire che io ho ragione e gli oppositori torto. Disponendo egli di una ricchezza smisurata e di un potere comunicativo senza controlli, egli ha fatto del governo del principe il suo unico valore di riferimento. La sua concezione della politica non prevede nessun patto, né tantomeno una vera alleanza che non sia fondata sulla cieca fede e la ottusa fedeltà alla sua persona. Il comportamento dei suoi cortigiani ne è la prova evidente. Nessun patto democratico è possibile fin quando lui condiziona la politica, chi fa finta di non capirlo è complice del suo operato.
(Moni Ovadia, L’Unità)