“Anche il presidente Omar el-Bashir, alla fine, ha accettato il verdetto delle urne e ha ufficialmente riconosciuto la nascita del Sud Sudan. Ammettere la secessione della parte meridionale del suo Paese non è stato facile. Ma di fronte al 98,83 per cento dei voti che tra il 9 e il 15 gennaio si sono espressi a favore della nascita del 54esimo Stato africano, il potente padrone del Sudan, ancora colpito da un mandato di cattura della Corte penale internazionale per violazione dei diritti umani e concorso in genocidio, non ha potuto far altro che prendere atto della realtà. In una cerimonia condita da strette di mano e sorrisi con il suo ex nemico e attuale presidente provvisorio delle regioni meridionali, Salva Kiir, Bashir ha promesso rispetto e sostegno per la scelta compiuta dalla maggioranza cristiana e animista del sud del Paese. Si è trattato di un atto formale. I risultati del referendum erano già noti da un paio di giorni. Ma solo ieri, quando tutte le schede sono state scrutinate e controllate, si è proceduto alla proclamazione ufficiale della nascita del Sud Sudan. «Una nuova alba nella regione», il commento della Casa Bianca. I problemi veri, quelli legati alla gestione di un potere tutto da costruire e alla definizione dei confini tra nord e sud, oltre alla suddivisione dei proventi dei giacimenti petroliferi, concentrati al 90% nel meridione, devono ancora essere risolti. L' attività del nuovo Stato verrà verificata nei prossimi cinque mesi, e solo il 9 luglio sarà sancita la sua definitiva nascita. Esperti e osservatori restano preoccupati. Passate l' euforia e la soddisfazione per un referendum su cui avevano puntato molto gli americani e che l' amministrazione Obama considerava come una prova importante per la politica estera statunitense in Africa, si sono riaffacciati gli spettri di una nuova guerra e di nuove mattanze a scapito della popolazione civile. Il presidente provvisorio Salva Kiir ha ribadito tuttavia la volontà di collaborazione. «Nord e Sud», ha detto durante la cerimonia di Karthoum, «devono costruire rapporti forti». Omar el-Bashir ha ascoltato e ha annuito. Ma in diverse interviste e dichiarazioni ai giornali ha espresso tutto il suo scetticismo: «Hanno voluto la separazione, ma se ne pentiranno». Sul terreno la situazione resta critica e difficile. Le trattative per definirei confini trai due Stati e soprattutto lo status giuridico dell' enclave strategica di Abyei, ricca di petrolio, sono ancora in alto mare. Da gennaio ad oggi sono morte decine di persone negli scontri avvenuti nella regione. I soldati di Karthoum che si trovano nel sud non sono disposti a consegnare le armi e rifiutano di tornare al nord. I gruppi ribelli hanno ripreso le loro scorribande, tra raid e saccheggi. Anche il Darfur del nord vive giorni drammatici: migliaia di persone sono state costrette a fuggire dai villaggi e sono tornati ad ammassare i campi profughi allestiti dalle Ong e dall' Onu. Per il Sud Sudan si annuncia un battesimo di fuoco”.