mercoledì 8 giugno 2011

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA

 

IL VENTO SOFFIA ANCORA

 

Giovanni 20, 19-23


19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». 22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

 

 

Questi pochi versetti del Vangelo di Giovanni costituiscono un quadro teologico di straordinaria espressività. Nessuno/a di noi, ritengo, pensa che Gesù si sia infiltrato per il buco della serratura o attraverso qualche fessura delle “porte chiuse”. Ma questo linguaggio simbolico ci trasmette un messaggio penetrante.

Spesso un simbolo dice molto di più di una cronaca.

 

Le porte chiuse.

La morte di Gesù non fu un boccone digeribile in pochi giorni. Prima che la fiducia in Dio ritornasse a fiorire e a scaldare i loro cuori, certamente trascorse un po’ di tempo. Per arrivare alla fede nella risurrezione ci volle un “intervallo”, un tempo per ripensare le parole del maestro e tornare a respirare.

Le “porte chiuse” dei cuori stanno ad indicare la delusione, lo sconforto, la paura, l’incertezza di fronte al futuro. Dovettero ripercorrere la strada fatta con Gesù, il suo fidarsi di Dio, far riemergere le sue parole, la sua prospettiva del regno di Dio già in azione…. In qualche modo dovettero, nel confronto e nella preghiera, rimettere al centro dei loro pensieri la persona viva e l’insegnamento “sovversivo” ed affascinante del nazareno. Così Gesù apparve agli occhi della loro fede più vivo che mai. La sua “causa” non poteva essere lasciata cadere.

Lentamente, nei loro cuori e nei loro discorsi, si aprirono alcuni spiragli….  Non potevano più indugiare e lasciarsi paralizzare dal senso di colpa di averlo anch’essi “tradito”, non potevano più pensare che tutto fosse finito là sulla croce o nel sepolcro… Gesù, entrato nel mistero di Dio, non li avrebbe abbandonati.

Nel loro cuore “scoppia la pace”: le porte e le finestre si spalancano.

“Dio ci aiuterà a portare avanti l’opera di Gesù…. Non è forse Dio come un vento benefico che raggiunge i nostri cuori e li sospinge alla fiducia e all’azione?”.

Nella “scena” evangelica due volte risuona questo “Pace a voi” mentre entra in azione lo “spirito santo”, cioè la forza che viene da Dio.

 

Una riflessione costante.

Ricevo tante, davvero tante lettere che mi documentano due situazioni diverse. Molti credenti mi parlano della loro angoscia per un errore compiuto, per un matrimonio naufragato oppure per una emarginazione subita. Per molti omosessuali è successo che le “condanne” delle gerarchie abbiano creato angoscia e chiuso le porte della felicità. Molti credenti non gustano la pace con Dio per causa di una religione angosciante.

“Pace a voi” è ripetuto due volte da Gesù per dire ai discepoli/e e a noi che Dio ci ama, ci accoglie senza condizioni, così come siamo. Finché non “gustiamo quanto è buono il Signore”, per dirla con il salmista, la nostra fede è una gabbia che impedisce il volo della libertà e la gioia di vivere. E così non si è in pace né con se stessi né con Dio. Conosco bene l’altra faccia della medaglia. Un numero crescente di cristiani/e, quando distinguono accuratamente tra ufficialità istituzionale e fede in Dio davvero esperimentano, pur nelle contraddizioni quotidiane, quella pace di cui parla il Vangelo.

Dentro questa pace si impara a fare i conti con le asperità del cammino, con le gioie dell’esistenza, con i limiti della nostra creaturalità. È come per l’aquilone: se non raccoglie il vento non vola.

 

Lo Spirito di Dio.

È bella questa immagine di Dio come “spirito”, come soffio, come vento. Mi piace pensare a questo Dio che ci incalza, che ci sospinge, che qualche volta soffia impetuoso perché noi ci mettiamo in cammino, oltrepassando le nostre paure e superando le nostre stanchezze.

Guardando la storia in piccolo e in grande, nello scenario mondiale come in tante piccole scelte di amore e di lotta per la giustizia, la mia fede mi fa scorgere questo vento di Dio che ci sospinge, che dissipa le nebbie, che apre orizzonti, che dà forza alle braccia vacillanti.

Non si tratta di un Dio che risolve i problemi sostituendosi a noi, ma di quel Dio che, come ci ha testimoniato Gesù, è il compagno poco appariscente ma molto presente del nostro viaggio.

 

Nessun monopolio.

Questo Spirito non è monopolio di nessuno. Non lo posseggono le chiese; sembra piuttosto stare alla larga dai luoghi e dai personaggi sacri. Questa settimana sono stato più volte a Roma in occasione dell’EuroPride: li l’ho sentito soffiare nelle strade e nelle piazze, nei dibattiti e nei convegni. Ho pensato al “vento impetuoso che soffiava”, come recita Genesi 1, e non mi è venuta la più pallida idea di andarLo a cercare in qualcuna delle tante chiese romane dove spesso c'’è aria fritta e puzza di stantio.

 

Ti prego

Ti ringrazio e Ti benedico, o Dio. Vorrei essere come una barchetta con le ali spiegate per raccogliere il
Tuo soffio d’amore e di coraggio per affrontare ogni giorno il mare della mia piccola vita. Soprattutto per aprire le porte che anche in me sono chiuse.

Aiutaci a vedere dove soffia il Tuo vento di solidarietà per lasciarci coinvolgere nella navigazione verso un mondo più giusto e più felice.