lunedì 29 agosto 2011

,,RÈGIS DEBRAY: SECONDA PARTE

  – Quali sono gli elementi indispensabili alla formazione di una comunità? «Prima, una trasmissione. La trasmissione è il contrario della comunicazione che consiste nel fare circolare un’informazione nello spazio a un momento T. La trasmissione è portare un’informazione nel tempo, cioè costruire una durata, una tradizione, una memoria ed è proprio questo che distingue l’uomo dall’animale. L’animale comunica molto bene ma non trasmette. Inoltre, una comunità umana suppone sempre un punto di coerenza, cioè un punto federatore che può essere un testo, una figura di eroe, un evento, insomma qualcosa che riunisce. E ciò che riunisce, lo si chiama il sacro. Il sacro è ciò che ci fa stare insieme e che ci permette di resistere all’usura e alla dispersione. Il sacro è ciò che permette a una comunità di non morire o per lo meno di ritardare il momento della sua morte e del suo degrado. In altri termini, il sacro è ciò che compone, e non c’è alcun bisogno di una religione istituzionale per questo. Del resto, prendo atto che meno c’è religione, più c’è sacralità. Un posto che mi aveva colpito per l’abbondanza di sacralità era l’Unione sovietica, così pietrificata di sacralità che ne era diventata immobile. La gerarchia, il mausoleo di Lenin, la Piazza Rossa diventata un luogo di devozione sulla quale è vietato fumare, le icone politiche affisse ovunque; insomma, si può sempre sbarazzarsi del religioso nella sua forma istituzionale ma esso torna in una forma più selvaggia, onnipresente».

– La comunità, sia essa religiosa o civile, è in perdita di velocità. Quale ruolo per le chiese?

«È evidente che c’è una sorta di spaccatura del noi a beneficio dell’io, una sorta di “tout à l’ego” [gioco di parole con l’espressione “tout à l’égout”, che indica la fognatura pubblica, ndt], ma non penso che durerà. In fondo, ci sono due tipi di società o, per dirla con Paul Valéry, due cose che minacciano il mondo: l’ordine e il disordine, cioè l’eccesso d’individualismo e l’assenza d’individualismo. I protestanti hanno svolto un ruolo nella deritualizzazione del mondo. Ebbene, io credo che i rituali siano essenziali. Il protestantesimo ha contribuito, con il suo culto della sincerità, a marginalizzare i gesti, i luoghi, le liturgie che portano la gente a essere in comunione insieme e a elevarsi al di sopra del loro interesse immediato. Sono quindi preoccupato oggi dello sgretolamento degli Stati-nazioni in Europa che, lungi dallo sfociare su un regno armonioso e giuridicamente controllato di fraternità internazionale, precipita in un comunitarismo sempre più esasperato. In questo momento, credo che il religioso abbia il suo ruolo da svolgere. Non dimentichi la doppia etimologia della parola religione: religare, “ciò che collega”, o religere, «ciò che raccoglie». Qualunque sia quella che si sceglie, la sua funzione è sempre di mettere insieme perché ciascuno sa che c’è un momento in cui il “tout à l’ego” si rivolge contro se stesso e diventa pericoloso per tutti».