venerdì 27 gennaio 2012

LA FECONDAZIONE ASSISTITA IN ITALIA

 Un primario ospedaliero del Bellunese intascava mazzette da 2500 auro a volta da coppie con problemi di fertilità, per far saltare loro le liste d’attesa, passaggio obbligato ormai per molte prestazioni sanitarie, ma ancora più pesante e umiliante se si attende l’accesso alla procreazione assistita, ingabbiata e criminalizzata da una legge mostruosa, oscena e repressiva.

RISPONDE CANCRINI

Il mercato degli interventi per la fecondazione assistita è un esempio importante del modo in cui una parte consistente della sanità italiana sta cadendo nelle mani di un privato sempre più rapace. Il caso del primario di Belluno parla ancora di un servizio pubblico, il disastro legato a tante altre città italiane è quello legato a un fiorire di studi privati facilitato dall’inerzia degli amministratori che bloccano le strutture con cui il pubblico dovrebbe corrispondere al diritto delle coppie con problemi di infertilità. Un esempio per tutti è quello del Sant’Andrea, l’ospedale universitario di Roma pomposamente individuato dieci anni fa dalla Regione Lazio come punto di riferimento per una rete di strutture sostituite oggi da una miriade di centri in cui la fecondazione assistita viene offerta, soprattutto, al portafoglio degli utenti. Per l’eterologa, intanto, quelli che si organizzano sono i viaggi della speranza in Spagna, in Grecia o in Inghilterra e questo purtroppo è, in tanta parte del nostro Paese, la situazione di cui il primario di Belluno potrebbe essere il simbolo: triste ma tremendamente realistico.

(L’Unità, 29-12)