lunedì 25 giugno 2012

LA STRADA OBBLIGATA PER RINASCERE

 

Nella crisi di sistema che scuote l' ordine globale, la "Green Economy" non è un' opzione o un' alternativa. E non è neppure soltanto un' occasione, un' opportunità di business, una "chance" produttiva e di lavoro. È una strada obbligata. L' economia alimentata dalla natura e dall' ambiente postula un nuovo modello di sviluppo, imponendo all' umanità di cambiare stili di comportamento e di vita, consumi e costumi, vizi e abitudini. Di fronte alla fine di un' epoca, l' epoca dell' opulenza e dello spreco, questa rappresenta l' unica via d' uscita per ricercare un altro equilibrio tra Nord e Sud del mondo, più solidale, socialmente più equo e più giusto. Dalle energie rinnovabili allo smaltimento e al riciclo dei rifiuti, dall' agricoltura biologica al turismo, dall' arte alla cultura, siamo noi italiani in particolare che possiamo e dobbiamo investire su noi stessi. Sulla Bellezza e sulla Qualità del Belpaese. Cioè sulla nostra storia, sul nostro patrimonio ambientale e culturale, sulla nostra tradizione secolare di creatività e fantasia. E quindi, sulla difesa dell' ecosistema, sulla protezione del territorio, sulla messa in sicurezza del suolo per la quale occorrono 15 anni, come ha avvertito il ministro Clini. Al mito illusorio delle "grandi opere", sempre annunciate e raramente completate, occorre sostituire la pratica delle tante piccole opere, di gestione e di ordinaria manutenzione, che servono a migliorare la vita individuale e collettiva. L' economia verde, più diffusa e perciò più democratica, non si fonda sul primato della finanza, sul dominio delle multinazionali, sull' oligopolio della produzione e del commercio; ma piuttosto sul valore inesauribile del capitale umano, sull' iniziativa, sulla capacità, sulla dedizione di uomini e donne che pensano e lavorano quotidianamente con il proprio cervello, con la propria intelligenza e con la propria energia. Nell' avvincente libro di Ermete Realacci intitolato "Green Italy", si raccontano tante di queste storie esemplari che rendono giustizia a un Paese nascosto, silenzioso e operoso, lontano dallo stereotipo di un popolo indisciplinato, inconcludente, fannullone. Il messaggio di fiducia che ne promana è del tutto estraneo alla retorica dell' ottimismo di maniera che ha narcotizzato gli italiani nell' ultimo infausto ventennio. La possibilità di reagire a una crisi destinata verosimilmente a diventare strutturale resta affidata al nostro impegno e alla nostra responsabilità di cittadini, produttori e consumatori consapevoli, nella convinzione che ogni prospettiva di crescita dev' essere imperniata sulla coesione e sulla giustizia sociale.

(Giovanni Valentini, Repubblica 1 giugno)