mercoledì 29 agosto 2012

Un atteggiamento da modificare

Il «Fatto Quotidiano» del 3 agosto riportava la notizia, poi ripresa in diversi luoghi della rete, dell'esistenza, nell'unico consultorio per soli uomini a livello nazionale, gestito dalla Caritas della Diocesi di Bolzano - Bressanone, di un training anti-violenza domestica rivolto agli uomini. Si tratta dunque di un training che non ha come scopo quello di insegnare alle vittime come difendersi, ma di disinnescare la violenza nei maltrattanti, anche in funzione preventiva e non solo per i casi in cui l'atteggiamento violento è diventato esplicito e di rilevanza penale.
E' particolarmente interessante che la violenza - nelle parole dei conduttori del gruppo - non sia considerata «una patologia, ma un atteggiamento che può essere modificato». Questo cambio di prospettiva, a parere di chi scrive, può contribuire a far uscire dall'ombra questa tematica ed evitare la sua marginalizzazione appunto come «devianza» o «patologia», come problema di alcuni, o di pochi. Questo atteggiamento è invece un nervo scoperto per gli uomini in quanto tali, perché affonda le sue radici nella mentalità maschile, che ancora struttura buona parte della nostra cultura e società; una mentalità fatta di culto della forza, del potere, del possesso, in cui la donna è subordinata e reificata. Temo - atteggiamento anche questo maschile: la paura nel riconoscere la fragilità - che tali radici possano essere anche più profonde, non solo nella mentalità, ma nella mente maschile. L'impegno per disinnescare e cancellare la violenza non è dunque solo quello della rieducazione di soggetti devianti, ma è l'educazione di tutti gli uomini attraverso modelli maschili altri, è l'imparare atteggiamenti diversi. Esattamente, si tratta si smettere di fare il male, disinnescare la violenza, e imparare a fare il bene, a vivere in modo nuovo la propria maschilità e il proprio rapporto con le donne. Se il bene non è lo stato normale a cui tornare, ma qualcosa da imparare, questo comporterà difficoltà e fatica, nell'affrontare la vergogna ed accettare la propria vulnerabilità. Di più, sarà una lotta contro se stessi, contro «il male che non voglio» (Romani 7) che dimora dentro di noi, uomini.
Credo che la Caritas di Bolzano, fornendo uno strumento per questo cammino difficile e necessario, renda non soltanto un servizio importante alla società - che si spera di veder moltiplicato in tutto il paese - ma anche una grande testimonianza evangelica. Chissà se anche noi, nel piccolo delle nostre possibilità, non potremo unirci a questa testimonianza al Dio dell'Evangelo, che libera e ricrea, che insegna la via del bene: «Smettete di fare il male, imparate a fare il bene» (Isaia 1, 16-17).
Marco Fornerone
(Riforma, 24 agosto)