giovedì 27 settembre 2012

Voci d’autore. Ecco perché non mi convince lo stile british del premier

Il professor Monti e' un uomo che ha stile, uno stile improntato all'understatement anglosassone che sembra ispirarsi a politici britannici conservatori di una volta come Eden o Mcmillan. I suoi modi, inauditi per uno strapaese come l'Italia, sono stati un potente e benefico antidoto di bon ton dopo l'indigestione di volgarità in salsa pecoreccia dell'ex premier Berlusconi. Super Mario gode di grande prestigio nell'attuale establishment politico internazionale, in particolare per l'ottimo lavoro svolto come commissario Ue al mercato interno - memorabile rimane a detta di molti suoi estimatori la lezione impartita a Microsoft - ma anche per il garbo istituzionale. Ciononostante, io rimango aspramente critico nei confronti della sua politica. Molti miei amici, ottime persone e sostenitori vibranti del centrosinistra, mi accusano di non tenere conto del fatto che, se non fosse stato per lui e il suo indiscusso prestigio, saremmo finiti come la Grecia, per via dello spread, del «ce lo chiedeva l'Europa» e via dicendo.
Può darsi. Ma io la vedo da un'altra prospettiva. Intanto è improprio parlare di Europa in quanto tale: si è trattato di un'Europa a guida conservatrice in ostaggio degli speculatori, delle banche e dei cosiddetti mercati, principali responsabili della disastrosa crisi della quale non pagano i costi (e l'elezione di Hollande in Francia è ancora troppo recente... ). Monti non è un tecnico neutrale ma un economista di scuola liberista conservatrice, è nutrito, come tutti coloro che hanno questo background da un'ideologia economicista di natura fideistica con tutto ciò che ne consegue. In primo luogo non considerando i diritti sociali e la dignità del lavoratore variabile economica li valutano come un fastidio. A mio parere è per questo suo orizzonte che il professor Monti ha affidato a Elsa Fornero il compito di avviare il processo di macelleria sociale con la riforma dell'art. 18. Ma è stato solo il principio perché le sue recenti garbate esternazioni hanno rivelato quale sia l'orizzonte in cui si colloca quel primo atto: la progressiva demolizione dello stato sociale. Il piccolo problema che si pone per qualsiasi autentico democratico è che i diritti del lavoro e i diritti sociali in generale fanno parte del respiro progettuale della nostra Costituzione, ne sono l'energia più innovativa. Ha ragione Giorgio Airaudo (Fiom) quando afferma che la conquista dello Statuto dei Lavoratori è molto più che una conquista sindacale è una conquista di civiltà.
Perciò firmerò per il referendum e lo sosterrò.
Moni Ovadia
(L'Unità, 15 settembre)