venerdì 28 dicembre 2012

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA


La giovinezza di Gesù e la sua famiglia

(commento a Mt 13,55-56)


Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?


 Soprattutto in seno alla sua famiglia che Gesù poté alimentare la sua fede, conoscere il senso profondo delle tradizioni e imparare a pregare Dio. Si trattava di una famiglia numerosa, come era usuale a quel tempo: i due genitori e almeno 7 tra figli e figlie. I nomi dei suoi familiari che ci sono stati tramandati, tutti fortemente radicati nella storia d'Israele, suggeriscono che
Gesù sia cresciuto in una famiglia giudaica profondamente religiosa. Suo padre Giuseppe porta il nome di uno dei figli di Giacobbe. Sua madre Myriam quello della sorella di Mosé. I suoi fratelli Simone (= Simeone), Giuseppe e Giuda, hanno i nomi di tre figli di Giacobbe; il primogenito Giacomo ( = Giacobbe), porta il nome del grande patriarca. Delle sorelle non sappiamo molto salvo che sicuramente erano più di una, visto che se ne parla al plurale, senza nominarle.

Gesù era stato circonciso da suo padre Giuseppe otto giorni dopo la nascita, secondo la tradizione, forse una mattina nel cortile della casa familiare. A Gesù, alle sue sorelle e ai suoi fratelli, Maria e Giuseppe insegnarono a pregare  due volte al giorno con lo Shemà Israel (ascolta Israele): era la prima cosa che si faceva subito dopo la sveglia e l'ultima cosa che si faceva prima di coricarsi. E' probabile che il sabato, in una sorta di piccola sinagoga a Nàzaret partecipassero insieme alla preghiera collettiva e ascoltassero la lettura di Pentateuco e dei Profeti (scritti in ebraico ma tradotti oralmente in aramaico) con la relativa predicazione.

Dalla sua infanzia vissuta nella piccola stanza in cui viveva con tutta la famiglia (animali compresi), nel suo piccolo villaggio e in mezzo alla natura che lo circondava Gesù ricavò le molte immagini e osservazioni che ci sono state tramandate nei tanti brani raccolti nei vangeli che sono riconducibili a lui. Nella sua successiva vita itinerante parlerà alla gente proprio a partire dalla vita di tutti i giorni che ha colto in questi luoghi, condita dalla memoria delle letture e delle preghiere che ha sentito in famiglia e in sinagoga.

L'influsso di Giuseppe su Gesù fu forse più importante di quanto non si ritenga, condizionati dalla "marginalizzazione" successiva della sua figura. Gesù chiamava Dio "Abbà" con la stessa espressione con cui si rivolgeva a suo padre Giuseppe.

Prima della sua scelta "eretica", considerata "pazza" dalla sua stessa famiglia, di lasciare tutto per scegliere la vita del maestro itinerante, Gesù affiancò il padre Giuseppe nel suo lavoro di "tecnon" e da lui imparò il mestiere. Questo termine greco che compare in Mc 6,3 e in Mt 13,55 non va tradotto con "falegname", ma piuttosto con "carpentiere". La parola designa un artigiano che lavora con materiali diversi, come la pietra, il legno e anche il ferro.

Giuseppe e suo figlio Gesù non erano dunque dei contadini dediti al lavoro dei campi, ma degli "artigiani". Il loro lavoro non corrispondeva a quello del falegname dei nostri giorni: riparavano i tetti di rami e argilla deteriorati dalle piogge dell'inverno, fissavano le travi della casa, costruivano porte e finestre in legno, realizzavano modesti cassoni, qualche rozza panca, delle basi di lampada o altri semplici oggetti; magari costruivano anche qualche casa per una nuova coppia, riparavano terrazze per la coltivazione di vigne o scavavano nella roccia qualche torchio per pigiare l'uva.

Con il loro modesto lavoro Giuseppe e Gesù non vivevano con la sicurezza dei contadini che coltivavano le proprie terre, ma non erano nemmeno in fondo alla gerarchia sociale ed economica. La loro vita assomigliava un po' a quella dei braccianti a giornata, che cercavano lavoro quasi ogni giorno e erano, come loro, costretti a spostarsi per trovare lavoro.

Nell'ambito di Nazareth non c'era lavoro sufficiente: la mobilia delle umili case era modesta, le famiglie più povere si costruivano i propri alloggi e i contadini fabbricavano e riparavano i loro attrezzi durante l'inverno. Giuseppe e Gesù dovevano uscire da Nàzaret e percorrere gli abitati vicini.

E' possibile, anche se non se ha certezza, che siano andati a lavorare a Sefforis, capitale della Galilea, distante soli 5 Km, ovvero circa un'ora di cammino, da Nàzaret. Per la Galilea si trattava di una "metropoli"  in cui dovevano risiedere circa 10.000 abitanti. Sefforis fu completamente rasa al suolo dai romani dopo la ribellione capitanata da Giuda avvenuta dopo la morte di Erode, quando Gesù aveva appena sei anni. Ban presto però Erode Antipa, tetrarca di Galilea dal 4 d.C. al 39 d.C., la ricostruì. In questa fase, che corrisponde alla prima giovinezza di Gesù, era sicuramente notevole la richiesta di mano d'opera, soprattutto di scalpellini e operai.

Nel breve lasso di 20 anni, nel periodo che precedette immediatamente l'attività itinerante pubblica di Gesù, oltre a ricostruire Sefforis Erode Antipa costruì ex novo la ancor più monumentale Tiberiade, che la soppiantò come capitale della Galilea. In questo modo la campagna doveva approvvigionare due popolazioni urbane che non coltivavano la terra e questo determinò la crescita di una forte disuguaglianza che favoriva la minoranza privilegiata delle due "megalopoli". Crebbero l'indebitamento e la perdita di terre da parte dei più deboli e aumentò il numero d'indigenti, braccianti a giornata e prostitute.

Tutto questo probabilmente segnò la giovinezza di Gesù e lo spinse alla sua scelta radicale dalla parte degli emarginati e dei poveri.

Francesco Giusti

 [Per questo mio commento ho utilizzato libro di José Antonio Pagola, "Gesù", ed. Borla]