Ela plebe aspira sempre a imitare i suoi governanti. Anche quando quelli che ora sì chiamano "élite" hanno voltato le spalle alla Chiesa, il popolo ha seguito il loro esempio. Ma torniamo alla "sinfonia", che in Russia ha avuto un'esistenza particolarmente lunga, ma comunque destinata a finire. Il primo chiodo nella bara dell'Impero russo e della Chiesa ortodossa fu piantato dall'imperatore Pietro il Grande. A suo tempo egli era stato in Inghilterra, dove il re è considerato anche capo della Chiesa. Questa pratica era piaciuta all'autocrate russo, che, tornato in patria, abolì il Patriarcato: da quel momento la Chiesa fu governata da un funzionario nominato dallo zar. L'ortodossia si trasformò in una sorta di "dicastero degli affari religiosi" all'interno del sistema statale.
Nel Diciannovesimo secolo i cristiani più intelligenti e perspicaci previdero la catastrofe confessionale e nazionale che si sarebbe abbattuta sulla Russia. Voglio qui riportare una di quelle profezie. Si tratta delle parole pronunciate nel 1885 dall'Arcivescovo Amvrosij (Kljuchkarev) di Khar'kov: «Si può non solo intravedere, ma anche determinare esattamente quando verrà l'ora della definitiva degradazione morale, e poi anche della decadenza del nostro grande popolo. Sarà quando nel popolo il numero dei buoni cristiani che restano fedeli alle usanze cristiane sarà superato e schiacciato dal numero delle persone che una cultura menzognera avrà distolto da quelle usanze a favore di nuovi costumi pagani».
Fu proprio ciò che accadde nel 1917, dopo la morte di un enorme numero di credenti e sudditi fedeli sui fronti della Prima guerra mondiale. La monarchia cadde, e il governo provvisorio che l'aveva sostituita fu rovesciato dai bolscevichi. I nuovi signori della Russia si posero come obiettivo non solo l'eliminazione della Chiesa in quanto tale, ma anche «il totale sradicamento dei pregiudizi religiosi» (Programma del Partito comunista russo dei bolscevichi, 1919). Alla fine degli anni Venti i bolscevichi proclamarono «il piano quinquennale antireligioso», una campagna che si prefiggeva il totale annientamento della Chiesa.
Ma la guerra scoppiata fra la Germania e l'Unione Sovietica introdusse dei cambiamenti nella politica di Mosca. Stalin decise di istituire una sua chiesa "addomesticata", sotto il controllo del Kgb. A questo scopo nel settembre del 1943 convocò al Cremlíno i tre metropoliti e li incaricò di eleggere immediatamente un patriarca.
Da tempo è stato osservato che il partito bolscevico rappresentava una parodia satanica della Chiesa. Ma pochi si rendono conto che le affinità non finiscono qui. Il Patriarcato di Mosca veniva creato dai bolscevichi "a immagine e somiglianza" del loro stesso partito. La coesistenza della tirannia sovietica con il Patriarcato istituito da Stalin durò fino al 1991, quando all'improvviso i comunisti abbandonarono la scena politica. In quei giorni la gerarchia moscovita si sentì come un cane che ha perso il suo padrone. Tuttavia, guardandosi intorno, gli ecclesiastici si accorsero che i comunisti non erano affatto spariti, ma avevano solo cambiato nome: ora si chiamavano "democratici" e non volevano più sradicare la religione, ma incoraggiarla.
Ed ecco si riaprono chiese e monasteri, si incentiva la beneficenza... Ingenuamente si potrebbe immaginare che in Russia sia rinata la "sinfonia", ma, ahimè, non è cosi. Gli zar russi, con tutti i loro difetti, erano credenti, mentre i nostri attuali governanti credono solo nel potere del denaro, e la loro presunta religiosità è solo un mezzo per darsi un'immagine Patriottica. Insomma, la "sinfonia" non è rinata affatto, ma è diventata stonata, trasformandosi in una partnership d'affari fra quello che si può definire il governo dei malversatori e un Patriarcato di Mosca ancora una volta servile.
MIKHAIL ARDOV
Traduzione Emanuela Guercetti
L'autore è sacerdote e scrittore entrato in contrasto con la Chiesa ortodossa denunciandone la posizione sempre più politica
L'autore è sacerdote e scrittore entrato in contrasto con la Chiesa ortodossa denunciandone la posizione sempre più politica
(Repubblica 6 gennaio)