La trasformazione di Monti ci ha colti tutti di sorpresa. Prima l'improvvisa crescita delle ambizioni, poi la trasfigurazione in leader di partito, fino alla raggelante richiesta rivolta a Bersani per far «silenziare» i suoi collaboratori. Il sobrio tecnico bocconiano che odorava di dopobarba e parlava a bassa voce, si è trasformato in una inquietante creatura del potere, che dispensa unghiate moderate a tutti.
MASSIMO MARNETTO
Che cosa accade ad un uomo intelligente, stimato da amici e colleghi nel campo in cui opera (sia esso l'Università o l'imprenditoria o l'amministrazione) nel momento in cui si trova improvvisamente esposto, senza sufficiente protezione, al vento impetuoso della ammirazione e/o della piaggeria? Che effetto fa essere circondato da giornalisti perpetuamente affaccendati con i taccuini e con i microfoni e il veder rimbalzare poi dai teleschermi e dalle prime pagine frasi dette magari in un momento di rabbia o di stanchezza. Come si sta quando ci si trova in mezzo a persone che abbassano la testa mentre si fanno indietro per lasciarti passare insieme ai tuoi guardaspalle? Il narcisismo che è stato spesso a lungo il motore di una fiducia ben collocate in sé stessi per tutti gli uomini di successo può lievitare, infatti, in queste situazioni, travolgendo le loro capacità critiche e il loro senso della realtà. Come è accaduto in questi anni in modo caricaturale al povero Silvio. Come sta cominciando ad accadere, oggi, al Monti politico e come potrebbe accadere domani al premier che verrà. Se legherà il suo successo ai propri meriti invece che alla forza del partito di cui è parte. Importante ma non essenziale.
Luigi Cancrini
(L'Unità 7 gennaio)