lunedì 29 luglio 2013

Carceri, il dramma dei bambini

Si legge sui giornali che il nuovo decreto legge sulle carceri prevede la sospensione della pena per le donne in stato di gravidanza, per le mamme con figli minori di 10 anni e per gli ultrasessantenni.
Da tempo chi si occupa di mamme e bambini in carcere si chiede con inquietudine se saranno molti i bambini di oltre tre anni che seguiranno le madri nella loro pena. Pochi sanno che la stessa legge 62 del 21/4/2011, che non ha ancora avuto piena attuazione, finisce per far crescere in carcere bambini fino a sei anni. Essa recita così: «Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza».
E' evidente che le intenzioni del legislatore sono quelle di far uscire i bambini dal carcere, ma poiché le esigenze cautelari esistono, di fatto obbliga al carcere bambini fino ai sei anni invece che bambini fino a tre anni. La legge 62 istituisce anche gli Icam (istituti a custodia attenuata per madri) proprio per rendere la detenzione meno dura per i bambini, ma gli Icam presenti sul territorio nazionale sono solo due, quello di Milano e quello di Venezia. Quest'ultimo non è ancora funzionante, anche se bello e già arredato. Il rischio che la pratica applicazione di una legge di riforma, nata per far uscire gli innocenti per antonomasia dal carcere, raddoppi il numero dei bambini reclusi è concreto. Il decreto legge appena approvato finirà forse per portare negli Icam bambini fino a dieci anni? Ci auguriamo caldamente che così non sia. Da anni noi dell'associazione «La gabbianella e altri animali» ci occupiamo dei bambini del nido del carcere di Venezia e vediamo come soffrano nell'essere rinchiusi, nell'essere privati nel quotidiano del padre e delle figure maschili, nel vivere accanto a madri spesso depresse, nell'essere privati di una vita «normale».
Non sembra per nulla che il prolungare l'età dei bambini che vivranno accanto alla madre detenuta sia una buona idea e la nascita degli Icam non riuscirà a risolvere il problema inevitabile del punire indirettamente i bambini figli di persone che hanno compiuto dei reati. Il carcere non è un posto per i bambini, ma gli stessi hanno bisogno della madre. E' per questo che le madri devono essere poste agli arresti domiciliari o, se proprio questa soluzione è impossibile, almeno i loro figli devono essere posti nelle condizioni di avere una vita, negli Icam, la più normale possibile, simile a quella degli altri bimbi. Però non oltre i tre anni, perché più i bambini crescono più sembrano soffrire la detenzione che indirettamente subiscono.
Tenere in carcere o anche in un istituto a custodia attenuata bambini fino a sei o fino a dieci anni significa peggiorare lo stato delle cose presenti. Si auspica che gli Icam portino gli attesi miglioramenti, senza aggiungere anni di carcere nella vita dei bimbi.
Carla Forcolin

(L'Unità 29 giugno)