lunedì 2 settembre 2013

Gli ideali di Sacco e Vanzetti

86 anni fa, queste furono le ultime parole di Nicola Sacco scritte al figlio: «Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te. Aiuta i perseguitati e le vittime perché essi saranno i tuoi migliori amici, i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro».
FRANCESCO LENCI


Ci sono ancora persone per cui parole come queste hanno un senso? Tempi come quelli di oggi sono tempi, purtroppo, in cui ancora la gente combatte e muore. Per ideali molto più limitati e meno nobili di quelli degli anarchici di allora, però, se a muovere le piazze, in Egitto o in Siria, sono passioni di origine più religiosa che umanitaria e sociale e se con tanta stanchezza e cinismo l'Occidente continua a portare avanti la sua guerra in Afghanistan. Senza vergogna in Italia, intanto, demagoghi privi di cultura e di dignità cercano firme contro il Ministero della Kyenge e consensi popolari per la «agibilità politica» di un imbroglione che ha truffato approfittando della sua situazione di privilegio. C'è una responsabilità grande, per questa caduta paurosa di livello, dei regimi che, nati sull'onda di rivoluzioni comuniste, hanno così male amministrato il patrimonio di speranze e di lotte a loro affidato, ma il problema maggiore sembra a me, oggi, l'aggravarsi progressivo di una tendenza primitiva, e assai poco umana, a mettere se stessi e i propri interessi immediati al centro di un progetto che nulla ha a che fare con quelli che sono «più infelici, più poveri o più deboli» di noi.
Luigi Cancrini

 (L'Unità 22 agosto)