Chi è quella donna che, adorna di spighe dorate, si
muove in una danza, dietro al corteo dei mietitori?
Cosa rende così fiero e assorto il suo sguardo?
È Rut, la mia sulamita, più intraprendente di mille eserciti.
Ha negli occhi terre lontane e nella voce sonorità
sconosciute. La mia amata ha percorso mille strade per
venirmi a incontrare, ha riacceso il mio cuore, evocato suoni
d'amore dimenticati. Ero vecchio e lei mi ha rinvigorito, ero
sazio e lei mi ha ridato appetito. Più bella di tutte le vergini
di Betlemme è la mia sposa.
Sono straniera, o fanciulle di Betlemme, straniera come la
madre che si prese cura di Mosé, scampato alle acque.
Non guardate ai miei tratti differenti, al mio strano accento.
Ascoltate il mio cuore legato a quello del mio amato.
Vieni, mio diletto, mia eredità e mio calice. Il gelo è finito.
Le lacrime hanno ormai imbevuto la terra. Vieni, c'è data
ancora una stagione per l'amore. Amiamoci, inebriamoci
del profumo del grano e del vino maturo. Il deserto fiorisce,
il dolore è lenito, il muro è abbattuto. E io rinasco, redenta
dal tuo sguardo.
(da Riforma 22 novembre)