Basterebbe leggere il volume di Elizabeth Johnson “Alla ricerca del Dio vivente” (Fazi editore) per capire come una lettura sommaria, ideologica ed eurocentrica dell’esperienza cristiana si illuda di superare la relazione fede e religione nelle sue varie articolazioni.
Gesù non ha pensato di andare oltre la religione ebraica, ma di rinnovare e di rilanciare dall’interno le più profonde istanze di fede. La stessa espressione barthiana di oltre settant’anni fa sollevava, in una cultura eurocentrica, un fecondo interrogativo e la sua affermazione dava spazio ad un’interpellazione, ad un rapporto dialettico. Proprio Barth, Bonhoeffer e Tillich sono maestri straordinariamente attenti a tutte le dimensioni dell’esperienza cristiana. Estrarre da qualche loro testo una citazione per farne il manifesto di un cristianesimo non religioso appartiene a chi, anziché leggere le loro opere, preferisce compiere una lettura ideologica di una frase.
Pensate che a me, ritagliando da una relazione o da un intervento e isolando cinque o sei parole, hanno fatto dire l’esatto contrario di ciò che penso.
Talvolta il nostro “vizio” eurocentrico e nordamericano ha creduto, ignorando l’orizzonte e le pratiche di altre esperienze, di relegare “la religione” nelle esperienze da deporre tra le anticaglie in nome della fede. Il “Dio generoso”, che ama il creato oltre il cosiddetto Occidente, ha sempre evidenziato
Franco Barbero