sabato 4 gennaio 2014

SUOR ELISA, IL NUOVO VOLTO DELLA CHIESA AFRICANA

Recentemente,

a un interessante seminario

sull’Africa, ho conosciuto Elisa

Kidané, eritrea, poetessa, giornalista, scrittrice,

suora comboniana. Elisa era fra i relatori e

il suo intervento sul ruolo delle donne africane

è stato molto applaudito. Al termine mi

sono avvicinato per presentarmi e lei mi ha

lusingato dicendomi che legge i miei articoli e

che si vede che sono «uno che ama l’Africa».

Queste parole mi avrebbero sicuramente conquistato,

non la cosa non fosse già accaduta

poco prima, sentendola parlare.

Non saprei dire che cosa uno si

aspetti quando si accinge ad ascoltare il discorso

di una religiosa sulla questione femminile,

fatto sta che suor Elisa mi ha travolto. La sua

foga era straordinaria, e irresistibile l’impeto

con cui invocava una riforma per le donne nella

Chiesa cattolica. «Siamo tante, siamo più

della metà e la Chiesa non lo sa» ha esclamato

parafrasando un vecchio slogan femminista.

Ha ironizzato sull’uso del termine «suorina»

(«se lo sentite potete star certi che ci si riferisce

a un’africana») e sul ruolo riservato alle religiose

(«abbiamo scelto di non passare la vita in

cucina eppure è lì che ci vogliono far tornare»).

Ha invitato papa Francesco ad accelerare il

cambiamento per la presenza femminile nella

Chiesa. Insomma un mite, sorridente e dolcissimo

ciclone. Suor Elisa è anche spiritosa.

Quando un’altra oratrice, la camerunense Geneviève

Makaping, ha ricordato lo sciopero del

sesso promosso dalla premio Nobel per la Pace

liberiana Leymah Gbowee per porre fine alla

guerra civile, lei ha commentato: «Beh, questa

è un’arma che noi religiose non possiamo usare

». È proprio vero, come dicevano gli antichi,

che dall’Africa viene sempre qualcosa di nuovo.

Per me suor Elisa è nuovissima.

Pietro Veronese

(il Venerdì di Repubblica del  27.12.2013)