giovedì 9 gennaio 2014

SUOR ELISA, IL NUOVO VOLTO DELLA CHIESA AFRICANA

Recentemente, a un interessante seminario sull’Africa, ho conosciuto Elisa Kidané, eritrea, poetessa, giornalista, scrittrice, suora comboniana. Elisa era fra i relatori e il suo intervento sul ruolo delle donne africane è stato molto applaudito. Al termine mi sono avvicinato per presentarmi e lei mi ha lusingato dicendomi che legge i miei articoli e che si vede che sono «uno che ama l’Africa». Queste parole mi avrebbero sicuramente conquistato, non la cosa non fosse già accaduta poco prima, sentendola parlare.

Non saprei dire che cosa uno si aspetti quando si accinge ad ascoltare il discorso di una religiosa sulla questione femminile, fatto sta che suor Elisa mi ha travolto. La sua foga era straordinaria, e irresistibile l’impeto con cui invocava una riforma per le donne nella Chiesa cattolica. «Siamo tante, siamo più della metà e la Chiesa non lo sa» ha esclamato parafrasando un vecchio slogan femminista. Ha ironizzato sull’uso del termine «suorina» («se lo sentite potete star certi che ci si riferisce a un’africana») e sul ruolo riservato alle religiose («abbiamo scelto di non passare la vita in cucina eppure è lì che ci vogliono far tornare»). Ha invitato papa Francesco ad accelerare il cambiamento per la presenza femminile nella Chiesa. Insomma un mite, sorridente e dolcissimo ciclone. Suor Elisa è anche spiritosa. Quando un’altra oratrice, la camerunense Geneviève Makaping, ha ricordato lo sciopero del sesso promosso dalla premio Nobel per la Pace liberiana Leymah Gbowee per porre fine alla guerra civile, lei ha commentato: «Beh, questa è un’arma che noi religiose non possiamo usare». È proprio vero, come dicevano gli antichi, che dall’Africa viene sempre qualcosa di nuovo. Per me suor Elisa è nuovissima.

(Pietro Veronese, Venerdì 27 dicembre)