venerdì 21 febbraio 2014

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA

                   FARE CENTRO SUL DIO DI GESU’

Corinzi 3,16-23

Fratelli 16 non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? 17 Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

18 Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; 19 perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: Egli prende i sapienti per mezzo della loro astuzia. 20 E ancora: Il Signore sa che i disegni dei sapienti sono vani. 


21 Quindi nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perché tutto è vostro: 22 Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! 23 Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

 

Propongo questa domenica alla meditazione questi pochi versetti di Paolo alla comunità dei Corinzi.

L’apostolo era rimasto circa 18 mesi a Corinto, tra il 50 e 52, e aveva già indirizzato alla comunità  un’altra lettera che probabilmente andò smarrita. Qui, sollecitato da problemi e tensioni interne alla comunità, scrive queste righe mentre si trova  ad Efeso, nel periodo 55- 57. Informato dalla “gente di Cloe” (1, 11) e da altri, che avevano richiesto il suo intervento, Paolo in questa lettera entra nel merito di moltissimi problemi con amore appassionato per questa comunità prediletta.

 Mi limiterò al commento di pochi versetti.

La comunità è “tempio di Dio”: una stupenda metafora per guardare in profondità alla realtà comunitaria. Appartenere ad una comunità costituisce un dono di Dio , un luogo specialissimo in cui ricerchiamo insieme la Sua presenza. Non né un dato irrilevante, scontato. Anzi, la comunità va costruita e non “distrutta” da personalismi, indifferenze,vane discussioni. I versetti precedenti colpiscono alla radice le divisioni personalizzanti.

Qui Paolo non è certo l’apostolo che esorta ad evitare le giuste battaglie, ma si preoccupa quando sente che a Corinto , anziché approfondire le radici della fede , si sollevano questioni di “sapienza di questo mondo”.

 

TENERE LA ROTTA

Il rilievo non è di poco conto: occorre tenere la rotta, fare centro sulle basi della nostra fede e non disperderci in dispute alla moda o in interessi personali che distraggono dal messaggio.

Sovente non si tratta affatto di gretti personalismi, ma di ricerche interessanti, utili, più che legittime e “sapienti” che però distraggono dai fondamenti della fede che vengono così, “spodestati” dalla loro centralità. La comunità allora, anziché mettere al centro la figura e il messaggio di Gesù, il Cristo, e la ricerca del mistero e dell’amore di Dio, diventa, come ho detto, palestra di piacevoli discorsi “di sapienza”, di ricerche esoteriche, di dispute anche coinvolgenti, ma devianti rispetto alla sua vocazione.

Ricordo con simpatia un parroco della mia infanzia che dedicava metà della “messa” domenicale a parlare delle spese, dei “ritardatari”, delle campane, degli orari. Il capitolo degli avvisi succhiava gran parte dello spazio della predicazione.

 

LA VERA SAPIENZA

Sarebbe un equivoco pensare che Paolo  sia nemico della sapienza e della scienza. Il suo pensiero è ben altro: egli allude a quell’uso della “sapienza” che è un autentico depistaggio dal centro del messaggio di Gesù

La vera sapienza di una comunità cristiana e di una chiesa sta nel sapere chi  e che cosa stanno al centro. Dentro i secoli della tradizione cristiana non si è mai spenta la voce profetica di donne e di uomini che richiamavano con forza e con decise sferzate l’istituzione ecclesiastica che spesso faceva “centro su se stessa”, metteva i suoi interessi, la sua immagine e le sue fortune mondane prima e al posto del Vangelo.

 Questo ”tornare a Gesù” è l’operazione mai finita per chi, come cristiano/a, sa che egli è la icona, il simbolo, la rivelazione di Dio.

Certo, una comunità che viva davvero dentro le gioie, le sofferenze, le lotte e le speranze delle donne e degli uomini, non potrà non fare i conti con “il mondo, la vita e la morte, il presente e il futuro” (versetto 22), non potrà non partecipare alle tensioni tra “Paolo, Apollo e Cefa”, ma deve ricordare l’affermazione dell’apostolo: “Ma voi appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio”.

Come spazio di libertà, la comunità particolare e la chiesa non dovrebbero mai soffocare il fervore, la libertà e l’ampiezza e le tensioni della ricerca, ma oggi, non meno che ai tempi di Paolo, la vocazione della comunità cristiana trova la sua realizzazione nella predicazione e nella testimonianza del messaggio di Gesù, riconosciuto come il Cristo di Dio, e nella sua sequela.

 

PERCHE CI DICIAMO CRISTIANI

 

“Il tratto peculiare, assolutamente specifico del cristianesimo,consiste appunto nel considerare questo Gesù essenziale, normativo, determinante per le relazioni dell’uomo con Dio, col prossimo, con la società: nel considerarlo, secondo la pregnante formula biblica, come “Gesù Cristo” ( Hans Kung, Tornare a Gesù, pag 23).

“La persona di Gesù retrocede dietro la causa che egli sostiene. E qual’è questa causa? Con una sola frase si potrebbe rispondere: la causa di Gesù è la causa di Dio nel mondo: E’ di moda, oggi, mettere in risalto che a Gesù sta totalmente e assolutamente a cuore l’uomo. Ed è una verità indiscutibile. Ma a Gesù sta totalmente e  assolutamente a cuore l’uomo perché innanzitutto gli sta totalmente e assolutamente a cuore Dio” (Hans Kung, pag 114).

 

Il nostro fondare la vita come cristiani/e sulla radicale fiducia in Dio passa attraverso il Gesù storico, riconosciuto come il “simbolo di Dio”.

“E’ appunto al cuore di questo Dio, trascendente e pur così vicino a noi, che dona gratuitamente salvezza ed avvenire a chi non ha speranze a cui aggrapparsi, che Gesù vuole riportare gli uomini e le donne, tanto che un amore per l’umanità privato di questo orientamento teocentrico non potrebbe più richiamarsi lecitamente al suo insegnamento. Essere discepoli di Gesù significherà allora proprio credere in questo Dio che ama l’uomo” ( Elio Rindone, riprendendo Schillebeekx).

“Alla fede proprio in questo Dio Gesù invitò con la parola e l’azione nei suoi giorni terreni: è questo il senso di tutta la sua attività. Pertanto il tentativo di eliminare dalla vita di Gesù la particolare “relazione con Dio” è nel contempo la distruzione del suo messaggio e del senso della sua prassi, la negazione stessa della realtà storica di Gesù di Nazareth, ridotto in tal modo ad un essere “astorico”, mitico o simbolico, un non Gesù ( Schillebeekx, Gesù, pag 276).

 

PER NOI

Ecco il messaggio semplice e prezioso . Dio anche per noi, proprio come fu per Gesù, è la sorgente della nostra vita, della nostra conversione, della nostra prassi di liberazione.

Gesù ci riconduce continuamente a Dio, alla sorgente, al caldo “vento”  di Dio che ci spinge nel mondo per creare giustizia  e felicità.

Paolo ci ammonisce: attenti alle radici dell’albero. Come Gesù, ricordatevi che appartenete a Dio, siete Sue creature, avvolte ed accompagnate dal Suo amore.  Non perdete mai di vista questo centro. Non interrompete mai questa ricerca. Elizabeth Johnson, nel suo meraviglioso libro “ Alla ricerca del Dio vivente” (Ed Fazi) ci ricorda che l’avventura cristiana dischiude sempre “nuovi modi di mettersi in relazione con il Dio vivente,nella preghiera e nell’azione, che soddisfano profondamente, oggi, l’aspirazione a una vita ricca di significato tanto per gli individui quanto per la comunità dei discepoli che è la chiesa” ( pag, 36). Per chi è consapevole che, per noi cristiani/e, “Gesù veicola Dio” (Roger Haight ), “ne può derivare una ricchezza di fede  che resta salda nel suo legame con il Dio vivente anche nelle tenebre e che si esprime nella cura appassionata e responsabile di questo mondo, pieno di bontà ma terribilmente fragile” ( Elizabeth Johnson).

 

GRAZIE, O DIO

Mi infonde una enorme speranza sapere che la vita è fatta di affanni, lavori, salute, malattia, di ricerche, di inquietudine, di gioia

e di amarezze.

Ma, come  Gesù, so che tutto sta davanti a Te, nelle Tue mani e nulla va perduto delle lacrime, delle battaglie e delle speranze di questa umanità.

“Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente” (Salmo 83,3).