martedì 25 marzo 2014

La sorgente

Un giorno d’estate tre pellegrini, stanchi e accaldati, si trovarono con le labbra arse presso lo zampillo di una fresca sorgente.
Bevvero a lunghi sorsi. Si ristorarono. Poi sedettero all’ombra del fogliame denso che faceva da capanna a quel limpido getto.
Tutto era piacevole, lì e intorno. Alberi dalle chiome folte sempre verdi, erbe tenerissime e muschi odorosi. Un pigolare sommesso, e un frullare tranquillo di ali di ramo in ramo. L’acqua, dopo essersi raccolta e riposata in un piccolo bacino di pietra, traboccava dolcemente e faceva ruscello, che sorgeva gaio tra le sponde fiorite e si perdeva lontano mormorando.
Sul bacino di pietra i tre pellegrini lessero questa iscrizione: «La sorgente sia il tuo modello».
Che volevano dire quelle parole? Quale insegnamento, quale esortazione racchiudeva il motto, che indubbiamente un saggio aveva dettato?
«A parer mio», disse uno dei tre pellegrini, un uomo di risoluto aspetto che correva il mondo in cerca di affari e di guadagno, «chi scrisse volle ammonire che la sorgente forma il ruscello, il ruscello imbocca il fiume, il fiume si riversa nel mare... L’acqua corre senza posa, fluisce e rifluisce, crea energia e ricchezza... Così deve fare 1’uomo. Lavorare senza fermarsi mai. Produrre e diventare ricco».
«Il tuo ragionamento è pieno di acume », disse un altro dei tre pellegrini, un giovane che aveva negli occhi la luce delle cose buone e belle, «ma io interpreto l’iscrizione diversamente ».
«Come?».
«Ecco. Avremmo noi potuto bere a questa sorgente se l’acqua fosse stata torbida e calda?».
«No, certamente».
«Ebbene, l’iscrizione avverte che l’uomo deve conservarsi puro come l’acqua di questa sorgente, per potersi offrire in aiuto al proprio simile».
Il terzo pellegrino, un vecchio con la lunga barba bianca ed occhi dolcissimi, aveva ascoltato silenzioso le parole dei suoi due compagni di sosta. Appena appena aveva fatto col capo cenno d’approvazione. Quando anche il secondo pellegrino tacque, prese la parola.
«Questo giovane ha indubbiamente ragione, come penso sia sagace e esortativo il tuo commento», e accennò al primo pellegrino. «Tuttavia per me quest’acqua che sgorga e scorre pura e gioconda parla un linguaggio ancora più espressivo. Dice: “Io offro le mie acque per nulla a chi ne ha bisogno. Non chiedo ricompensa alcuna a chi giunge fino a me stanco e assetato. Fa’ altrettanto tu, uomo. Dona quello che hai senza limite, senza calcoli, senza rincrescimento, senza sospiri. E allora anche tu te ne andrai, come me, tra sponde fiorite, lietamente mormorando, e raggiungerai l’azzurro immenso dell’amore di Dio”».

(da “I PIU’ BEI RACCONTI PER RAGAZZI”, Leone Tolstoi, 1984, Editrice La Scuola)