domenica 27 aprile 2014

Ecoteologia e liberazione

LEONARDO BOFF - LUIGI ZOYA, Fra eresia e verità, edizioni Chiarelettere, Milano 2014, pp. 148, € 10.

Questo dialogo tra un teologo della liberazione ed uno psicanalista merita una lettura attenta sia sul piano storico che sul versante ecclesiale.
Senza entrare nel merito delle pagine su Maria e Giuseppe, in cui un cultore del metodo storico critico prova qualche sussulto e rileva un'ambigua confusione tra storia e mito (il tutto sotto l'ombrello degli archetipi junghiani), il libro è impareggiabile sul piano della documentazione storica e sul processo di formazione della teologia della liberazione.
Al centro è collocata, con linguaggio incisivo, la vicenda dello "sterminio" degli indios che, sotto aspetti e in modalità diverse, continua ancora oggi. Boff narra queste vicende, che hanno attraversato il "sangue" dei suoi antenati, con la lucidità dello storico e con la passione del credente profeticamente immerso ed impegnato.
Sono centrali le pagine che riguardano la formazione e il contenuto della carta della Terra di cui si celebra la giornata mondiale sotto il nome "Giornata della Madre Terra" il 22 aprile di ogni anno. Boff è stato uno dei 23 membri della commissione che lavorò alla Carta della Terra fino al 2000. Oggi l'Opzione Terra, che tanto deve alle culture indigene, è forse la principale frontiera della teologia cristiana, l'ispirazione essenziale per una politica alternativa allo sfruttamento. Madre Terra è fonte di una nuova visione anche legislativa ed educativa.
Le pagine di Boff mi hanno fatto riandare ai libri che molti anni fa mi fornirono i primi elementi per una personale riflessione ecoteologica: "La grande trasformazione" di Karl Polanyi (Einaudi, Torino 1974) e "Il secolo breve" di Eric J. Hobsbawm (Rizzoli, 1996). Ora, dopo i vari traslochi, giacciono in qualche cantina e non li ho più sotto gli occhi, ma furono per me l'avviso che la cultura del nostro Occidente da tempo non era più in grado di disegnare un futuro: "O cambiamo o moriremo… La Terra è malata perché l'essere umano è malato. Siamo interdipendenti, come ha intuito lo scienziato inglese James Lovelock formulando l'ipotesi Gaia" (p. 77). La Terra è come un sistema in cui gli organismi viventi e il mondo inorganico si organizzano e si autoregolano per mantenere il ciclo della vita. "L'Universo non è fondato dalla somma delle sue entità, ma dalla rete di connessioni che lo mantengono in equilibrio" (p. 78). "La nostra cultura ha separato l'uomo dalla natura e l'ha spinto a dominarla, distruggendo il senso di totalità proprio del sacro che contempla con stupore e riverenza la maestosità del Creato" (p. 81). Come siamo lontani dal principio del Buen Vivir delle culture indigene e andine, adottato dai movimenti ecologisti latinoamericani, per esplorare le possibilità di una visione alternativa che superi la tradizionale concezione eurocentrica…
Se vogliamo la vita del Pianeta, non abbiamo che da far nascere e crescere una civiltà planetaria incentrata sulla cura, la cooperazione, l'amore, il rispetto, la gioia e la spiritualità" (p. 107). Amare e adorare il mistero del Dio vivente comporta necessariamente amare la Terra e, come Gesù ci ha testimoniato, vivere la "compassione" con chi soffre nella natura e nell'umanità.
Sono anche assai realistiche le parole del nostro Autore rispetto a papa Francesco: "Da un punto di vista teologico, papa Francesco è conservatore… però non è né rigido né dogmatico. Lo ribadisco, è conservatore in temi dottrinali, ma tiene le porte aperte" (p. 144).
Le pagine di Boff non nascondono le contraddizioni, ma profumano sempre di speranza: "Fino a quando ci saranno persone discriminate e oppresse, avrà sempre senso, partendo dalla fede, parlare e agire in nome della liberazione… Non abbiamo una vita sicura. La condizione umana è questa… La fede offre un cammino di liberazione, collocando la vita nelle mani di Dio…" (p. 145).
Più avanzo negli anni più percepisco quanto tutto sia collocato nell'abbraccio di Dio e quanto siano importanti le nostre piccole scelte quotidiane di cura del Creato. Ho la percezione che spesso dormiamo su una polveriera e che le stesse religioni non assumano ancora seriamente la loro parte di responsabilità nella cura e nella "custodia" del Creato.
La riflessione teologica non trova sufficiente spazio nella predicazione, nella catechesi e nella pratica dei credenti.
Nessun orizzonte è più ecumenico di questo perché esso riguarda tutti e tutte, ciascuno e ciascuna, aldilà di ogni distinzione di sesso, di genere, di religione, di età, di stato sociale. La cura del Creato include ogni essere vivente perché tutti ne siamo parte, in una connessione insopprimibile.

Franco Barbero