sabato 26 aprile 2014

UN TOPO AL TRENTUNESIMO PIANO

Terrore puro. Mi trovo in cucina, schizzo di corsa verso la camera da letto. Mia moglie e lì immobile, pietrificata, braccio teso e dito indice puntato verso il basso.
Ci vuole qualche secondo perché recuperi il fiato. Il dito accusatore non si muove, punta verso la traiettoria del topo. Passa un attimo e lo vedo. Corre in diagonale, velocissimo, fugge dal bagno e punta verso un angolo della camera da letto, come un lampo s'infila sotto un mobile. Ha diversi nascondigli a disposizione, intorno ci sono tende, altri mobili.
Stefania è pallida, e la capisco. E' appena tornata a casa, sfinita dopo la solita giornata lavorativa di 13 o 14 ore, al suo posto anch'io avrei cacciato un urlo all'apparizione del topo. Proprio quando ti ritiri  dalla folla e dal frastuono di Manhattan, cerchi un po' di pace in casa tua, un roditore che corre tra i piedi in camera da letto è il colpo di grazia. Nella circostanza io mi rivelo totalmente inutile. Torno in cucina, mi armo di scopa, comincio ad allungarla sotto i mobili della camera da letto. Ridicolo tentativo. Il topo è piccolo, agile, furbo, probabilmente conosce questa casa meglio di noi.
La sua presenza distrugge il nostro senso di sicurezza. New York  è notoriamente una citta infestata: ratti e pantegane a non finire, milioni di scarafaggi, le temibili "pulci dei materassi" che rendono invivibili interi palazzi, poi i procioni del parco e via dicendo. Ma ancora c'illudiamo che esistano dei rifugi, dei santuari inviolabili. D'estate, crediamo che l'aria condizionata sparata a temperature polari ci protegga dalle zanzare tigre che trasmettono il mortale virus del Nilo. In quanto ai topi, noi abitiamo al trentunesimo piano. E che diamine, come fanno ad arrampicarsi fin quassù?
Mentre Stefania resta bianca come uno straccio, e la mia impotenza a stanare il topo diventa umiliante, m'illumino alla speranza di un salvatore esterno. Chiamo il portiere. In questo palazzo ci sono vecchi portieri che ne hanno viste di tutti i colori. Gente esperta, navigata. Certo ne avranno sgominati, di roditori. Chissà quanti trucchi del mestiere conoscono. Avranno anche strumenti adeguati, prodotti chimici, trappole ad alta tecnologia.
I minuti passano come fossero intere stagioni, prima che si senta un toc toc amico alla porta. L'uomo ascolta le nostre spiegazioni con calma. Ci da tutta la sua attenzione. Neanche gli stessimo descrivendo l'assalto di un rapinatore-stupratore, segue i nostri gesti, entra nella stanza dov'è avvenuta poco prima l'orrida violazione di domicilio. Ispeziona quei pochi metri quadri con la serietà di un perito della polizia scientifica. Quando apre bocca, il suo inglese è un po' stentato, l'accento potrebbe essere ispanico o filippino. Stefania fa delle domande precise. Come può un topo salire 31 piani? E nato qui dentro? Se è arrivato, dove mai ha potuto arrampicarsi? Il portiere ha una reazione geniale. Invece di scoppiare a ridere o allargare le braccia per segnalarci la sua impotenza, comincia a parlare come uno studioso di etologia dei roditori. Spiega che i topi camminano in verticale, meglio dell'Uomo Ragno, sfidando la legge di gravità. Che questi palazzi vecchi (il nostro è degli anni Venti) sono come la cattedrale di Notre Dame per il Gobbo:  labirinti di nascondigli, cunicoli, tubature vetuste, canalizzazioni che nessuno può ripulire regolarmente; forse di alcuni passaggi inframuro è stata perfino dimenticata l'esistenza, a più di un secolo dalla costruzione. Conclude su un'affermazione rassicurante: a quest'ora il topo è già lontano, s'è infilato in chissà quale fessura, disturbato dalle nostre intemperanze, è a sfamarsi o a dormire dai nostri vicini. E' chiaro che il portiere improvvisa, ma è un attore magistrale, recita la parte di un luminare mondiale di "topologia" pur di tranquillizzare mia moglie. Prima di lasciarci ha un'ultima delicatezza. Vicino a diversi orifizi (antichi radiatori) posa dei pezzi di carta bianca: sopra c'è uno strato di colla potente, se il topo s'azzarda a ripassare qui (garantisce) verrà catturato.
Credo che il topo stia ancora ridendo. La carta ha intrappolato noi, ci abbiamo rimesso tre paia di calzettoni, un pigiama e un accappatoio incollati per sempre. La pace dell'animo non ha prezzo.
Federico Rampini

(D la Repubblica 5 aprile 2014)