venerdì 25 aprile 2014

USA. Serie di manifestazioni contro il Dalai Lama

Manifestare contro il Dalai Lama? Per molta gente, sarebbe altrettanto sconveniente che sputare su Babbo Natale. Eppure, durante la sua tournée negli Stati Uniti, il capo spirituale del buddismo tibetano e premio Nobel della pace ha dovuto far fronte a proteste quasi in ogni luogo in cui ha parlato in pubblico.

Diverse centinaia di persone si sono riunite per protestare davanti alla cattedrale nazionale di Washington durante la visita del Dalai Lama il 7 marzo scorso. Questi manifestanti appartengono all'International Shugden Community of  Buddhists, che dedica un culto alla divinità Dordjé Shougdèn, che il Dalai Lama disapprova, giudicandolo fonte di divisioni. Il parere del Dalai Lama non ha solo come conseguenza di limitare il culto di Dordjé Shougdèn, affermano gli adoratori della divinità: li ha anche esclusi dalla comunità tibetana in esilio, che ha trovato rifugio in India.
«Questa divinità è speciale, è una divinità protettrice», spiega Len Foley, portavoce a Los Angeles della comunità, che afferma che Dordjé Shougdèn può offrire la sua protezione non solo lungo tutta questa vita ma anche lungo parecchie altre vite. «E' orribile privarci di questo», ha dichiarato Len Foley.
Lo spirito Dordjé Shougdèn, che il Dalai Lama chiama «Dolgyal», cioè «re demone», è nato da un'ostilità nei confronti del quinto Dalai Lama e del suo governo nel XVII secolo, secondo il sito web del Dalai Lama. Il culto di questa divinità ha dimostrato, in passato, di contribuire «a un clima di disarmonia settaria in diverse regioni del Tibet, nonché tra comunità tibetane».
Tenzin Gyatso, l'attuale Dalai Lama, che oggi ha 78 anni, è nato in un villaggio povero del Tibet. Capo spirituale - i buddisti tibetani lo considerano come la reincarnazione del XIII Dalai Lama - è anche una figura politica: ancora tre anni fa, era capo del governo tibetano in esilio.

Libro molto critico. La comunità Shugden ha pubblicato un libro molto critico nei confronti del Dalai Lama intitolato «The False Dalai Lama» (il falso Dalai Lama) e sottotitolato «il peggiore dittatore del mondo moderno». Negli Stati Uniti, là dove il Dalai Lama era invitato a parlare, i pannelli e gli slogan lo accusavano di calpestare la liberta della comunità.
I membri della comunità Shugden affermano che non possono accedere alla funzione pubblica in India e che le loro suore e i loro monaci sono espulsi dai monasteri, tutto ciò per via delle loro credenze.
Len Foley e altri militanti auspicano che il Dalai Lama «tolga il divieto» che pesa sui rituali legati a Dordjé Shougdèn. I sostenitori del Dalai Lama affermano tuttavia che egli non ha vietato alcuna pratica e che il buddismo non permette tali restrizioni.
Secondo il sito web del Dalai Lama, anche se lui stesso in passato ha praticato rituali associati alla divinità, egli «scoraggia vivamente» queste pratiche fin dal 1975.
Il quinto Dalai Lama aveva qualificato la divinità di «spirito malevolo», indica il sito web che mette in guardia contro un culto non controllato dello spirito, culto suscettibile di trasformarsi in una «pratica degna di una setta».
Aiuti da Pechino? Robert Thurman, specialista del buddismo tibetano all'Università Columbia, ha scritto che la comunità Shugden è sostenuta dai nemici del Dalai Lama a Pechino. La Cina si oppone alle rivendicazioni del Dalai Lama a favore di una maggiore autonomia dei tibetani all'interno della Cina.
Len Foley ha da parte sua indicato che le manifestazioni sono finanziate dai manifestanti stessi e non da elementi esterni. (Imp/Protestinter)
Lauren Markoe

(Traduzione dal francese di Jean-Jacques Peyronel)