mercoledì 23 luglio 2014

IL SISTEMA DELLE CASTE

Pubblico una parte della lunga intervista rilasciata da ARUNDHATI ROY, studiosa e militante indiana a favore dei diritti umani, comparso su D. La Repubblica del 14 giugno 2014. Di seguito, cioè nei prossimi giorni pubblicherò il suo curriculum "Letterata e militante" comparso sullo stesso settimanale.

Al Centro del lacerante paradosso, Arundhati Roy torna a denunciare, come in forma di romanzo ha fatto fin dal suo best seller Il dio delle piccole case, il sistema delle caste: «In una società violenta come la nostra, dove la sopraffazione è istituzionalizzata nel principale di Intoccabilità, per un uomo di casta superiore violentare una dalit non è mai stato un problema, in questo caso le donne degli Intoccabili non sono state mai intoccabili». E da lì riparte anche nel suo ultimo libro Il Dottore e il Santo, mettendo questa volta polemicamente in discussione anche un mito assoluto dell'India del Novecento, il Mahatma Gandhi, contrapposto «eticamente e moralmente» alla speciale figura di "intellettuale anticaste" che fu suo contemporaneo e avversario: B.R. Ambedkar, economista, filosofo, leader degli Intoccabili dalit e giurista che nel secolo scorso ha redatto la Costituzione moderna.
Restituendo ad Ambedkar il posto che a suo dire «gli spetta nella storia» e contestando a Gandhi la tolleranza verso la tradizione induista, Roy si ritrova ancora una volta sotto il fuoco incrociato delle polemiche. C'è abituata quando nel 1997 Il dio delle piccole cose, pubblicato in 21 Paesi, fu denunciato per le scene di sesso ritenute "offensive" tra la nobile Ammu, la protagonista, e il dalit Velutha, nonché dai capi del governo e del partito comunista del Kerala per i suoi ritratti di leader "rossi" di alta casta e bassa moralità sociale. Quando lo stesso anno quel romanzo, vinse il prestigioso Booker Prize lei, radiosa trentacinquenne, catapultata ai vertici della letteratura contemporanea, spiegò che non intendeva essere «solo una graziosa signora che scrive libri».
Ma lei va oltre, accomunando le idee di Modi a quelle del Mahatma in materia di religione e società. Un'eresia per quanti considerano Gandhi agli antipodi della filosofia della destra hindu.
«Non era mia intenzione dissacrare una figura tanto amata per il gusto di andare controcorrente. Durante la ricerca su Ambedkar ho riletto gli scritti e le citazioni di Gandhi su ogni aspetto che avesse a che fare con il tema delle caste, e sono rimasta allibita dalle coincidenze. Modi  ha usato perfino le stesse parole del Mahatma per spiegare perché per esempio, il bangi - ovvero il membro della categoria di pulitori di fogne - ideale non dovrebbe aspirare a un gradino più alto nella scala sociale degli uomini, ma guadagnarsi una vita migliore nell'aldilà, svolgendo il suo mestiere ancestrale con umiltà e spirito di servizio. Nell'introduzione al libro di Ambedkar, che a onor del vero Gandhi lesse e difese dalla censura pur non condividendolo, io riporto numerosi scritti dove il Mahatma giustifica un sistema che ha creato e crea enorme sofferenza e indicibili ingiustizie. Scriveva: "Se la società induista è stata capace di resistere, è perché si fonda sul sistema di caste ... Distruggerlo e adottare il sistema di società occidentale europea significa abbandonare il principio di occupazione ereditaria che è l'anima del sistema di caste…"».
Resta davvero "eterno" anche nell`India di oggi?
«Oggi per molti intellettuali specialmente di sinistra dire che le caste non esistono è perfino una cosa carina, progressista, e non vedi questi temi trattati nei film di Bollywood. Sono diventati invisibili. Eppure i Sottocasta, Intoccabili, Inavvicinabili, o comunque vengano chiamati gli "impuri" dell'India, formano la gran massa degli 800milioni di persone che sopravvivono con meno di 20 rupie, neanche mezzo dollaro, al giorno. Anche il legame con la violenza contro le donne è evidente: più di 1500 donne dalit sono state violentate nell`anno dello stupro sull'autobus di Delhi, nel 2012, e 600 dalit sono stati uccisi per motivi legati alla loro casta. E anehe in Kashmir l'esercito che violenta è parte dello status quo, come in Manipur, dove Irom Sharmila sta digiunando senza successo da l3 anni contro l'impunità dell'esercito e la legge che gliela permette».
Ma se ne può attribuire a Gandhi una responsabilità?
Io mi sono domandata come la dottrina gandhiana della non violenza e satyagraha potesse adagiarsi così notevolmente sulle fondamenta di un sistema diviso che si regge solo sulla minaccia e l'applicazione permanente della violenza. La dominazione di casta su base religiosa e di mestiere come un tempo, bramini, Yadav, Jat, eccetera, è stata sostituita dal moderno concetto di nazione hindu e di razza hindu, da quando con le nuove idee di "rappresentanza"i numeri, il consenso della popolazione, sono diventati importanti alle urne. E in cambio di voti alle caste inferiori e a quanti si erano convertiti all'Islam, al Sikhismo o al cristianesimo per sfuggire allo stigma della propria casta si offrono posti riservati negli impieghi e nelle scuole. Non a caso il tentativo di Ambedkar di far votare separatamente i dalit per dotarli di propri organi di rappresentanza, fu ostacolato fermamente proprio da Gandhi, che iniziò uno sciopero della fame seguito da tutta l'India con trepidazione . E   quando vicino a Pune migliaia di contadini espropriati delle loro terre bloccarono i lavori in una miniera degli industriali Tata, che distruggeva il loro ambiente ancestrale, proprio il Mahatma li  invitò a desistere. Ci sono altri esempi nel libro, tratti da vicende note, che riporto non per screditare la figura di Gandhi, ma per invitare quanti hanno bisogno di un santo a vederlo almeno nella sua interezza».