martedì 29 luglio 2014

MAFIA E CHIESA

Il brano sui rapporti tra le mafie e la Chiesa cattolica era, a mio parere, il più impressionante dell'intera conversazione tra papa Francesco ed Eugenio Scalfari. Vero che c'e stato il precedente di Karol Wojtyla quando nella Valle dei Templi di Agrigento ( 1993) lanciò il famoso grido "Mafiosi convertitevi!". Quello rimase però un gesto praticamente isolato, al quale non seguirono comportamenti conseguenti da parte di autorità e rappresentanti della Chiesa. Né si può chiedere che tutti i parroci abbiano la statura morale e la tenuta eroica di preti come Pino Puglisi o Giuseppe Diana uccisi per la loro determinazione contro i criminali. Le intenzioni di Francesco sembrano diverse. Quando afferma: «La nostra denuncia della mafia non sarà fatta una volta tanto ma sarà costante», proclama un atteggiamento e un impegno che non hanno precedenti. Nel saggio La mafia devota di Alessandra Dino (Laterza) uno dei punti critici che venivano indicati era esattamente la divisione e l'incertezza di una Chiesa dalle molte anime, in cui l'opera dei sacerdoti impegnati a diffondere una pastorale antimafiosa si è spesso scontrata con l'atteggiamento condiscendente di altri religiosi. Una Chiesa divisa che rischia di mettere a repentaglio la vita dei sacerdoti che s'impegnano e, per un altro verso, si offre alle organizzazioni criminali che ne ricavano grande profitto in termini di strumentale legittimazione. Alle stesse conclusioni arriva del resto un altro saggio Le sagrestie di cosa nostra ( di Vincenzo Ceruso - Newton Compton editori) dove si legge che proprio su queste incertezze si fonda il convincimento di molti mafiosi di conciliare due attività: uccidere e pregare.
Corrado Augias

(Repubblica 15 luglio)