martedì 15 luglio 2014

VERSO LA CONVENZIONE DI ISTAMBUL

Rovesciare le icone
Il linguaggio delle immagini è più potente dì quello delle parole nel veicolare formule di percezione della realtà. Rispetto alle immagini, al posto di smontare gli stereotipi con le domande, si può giocare sui paradossi. Per esempio si può swappare, invertire i generi delle rappresentazioni. In pratica, nelle immagini pubblicitarie si può sostituire una donna con un uomo, nèlla stessa posa, con la stessa espressione e con lo stesso tipo di abbigliamento. Ecco una proposta che arriva, attraverso lo sconcerto e la sorpresa, a destrutturare la nostra abitudine davanti agli stereotipi consolidati sulle immagini maschili e femminili veicolate dai media. Immaginate una fanciulla fasciata da una guaina di latex sdraiata sul sedile di una moto. Niente dì strano, andate ad un qualsiasi motor show e ne vedrete a iosa dal vivo. Ora immaginate un uomo, dal fisico altrettanto attraente, con lo stesso tipo di abbigliamento e nella stessa posa. Con lo swap, scambiando i ruoli si cambiano i punti di vista su ciò che siamo abituati a dare per scontato. Il genere maschile subisce la stessa oggettivizzazione a cui siamo ormai assuefatti per il genere femminile, ma la reazione è di rifiuto, di schifo. Al livello delle immagini diffuse dai media, le donne sono culturalmente assuefatte ad essere oggetto passivo dello sguardo maschile che le osserva, e fanno proprio questo sguardo, valutando se stesse e le altre donne in automatico, secondo questo parametro. Gli uomini sono invece abituati ad essere il soggetto attivo, cioè colui che guarda e valuta gli innumerevoli e impersonali corpi femminili disponibili e disinibiti offerti dai media. Rovesciare questo sguardo swappando i generi smaschera lo stereotipo, lo rende percepibile, ed aiuta a far emergere il modo diverso con cui donne e uomini guardano se stessi e l'altro genere. E impone domande circa il «brodo culturale» che genera questo tipo di sguardo.

Quarant'anni e non bastano ancora
Negli anni '70 migliaia di donne in Europa e in Italia hanno scelto un segno potentissimo per scendere in piazza e rivendicare, a cominciare dal riappropriarsi del corpo, la libertà di esistere come soggetti. Era un gesto fatto con le mani congiunte, che formava il simbolo del sesso femminile. Nasceva dal bisogno di dare visibilità e impatto tangibile all'esistenza delle donne come soggetti sociali e politici.
Oggi, dopo più di quaranta anni, con la ratifica di Andorra, dal primo agosto 2014 entrerà in vigore finalmente la Convenzione del Consiglio d'Europa (più nota come Convenzione di Istanbul), sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica. La serie di misure che vi sono previste è la più completa al mondo in questo ambito.
La legge è fatta. Resta da fare ancora quasi tutto sul piano del linguaggio, delle rappresentazioni sociali, del superamento degli stereotipi culturali, e soprattutto sul piano dell'educazione alla reciprocità di genere.
Rosella De Leonibus

(da Rocca 15/07/2014)