sabato 30 agosto 2014

JIADISTA “ATEO”

Tuttavia, tra le caratteristiche che più colpiscono degli identikit dei sospetti della feroce guerriglia dell'Is è che si tratta spesso di atei. In altre parole, nella loro militanza, i jihadisti di nuova generazione non sarebbero mossi tanto dagli scritti dei noti ideologi islamisti come Sayyd Qutb. Secondo alcuni report dell'MI5, molti tra i jihadisti radicali non sono religiosi praticanti e spesso sono a corto di conoscenze in materia di religione. Secondo gli studi commissionati dall'Intelligence inglese, i giovani britannici, affascinanti dal jiad, sono spinti al radicalismo da povertà e disoccupazione, dalla pressione dei loro pari, da insoddisfazione e oltraggio morale più che dalla religione. Nel documento, si fa riferimento al jihad, come un'occasione di impiego come un'altra che genera «rispetto ed elogi». E così l'immagine del jihadista devoto e barbuto lascia il campo al vero volto del disagio delle periferie inglesi, un misto di modernità e disinteresse per le pratiche religiose delle famiglie. Gli atei devoti, che forse mai hanno letto il Corano o pregato assiduamente in una moschea, gonfiano le fila dell'Is in Iraq e Siria. E cosi, se ateismo e apostasia sono pratiche continuamente negate, stigmatizzate e punite in Medio oriente, il pericolo di un movimento jihadista, tra i più violenti e ben organizzati della galassia dell'estremismo radicale islamista, sembra venire dal disagio sociale delle periferie europee, così come dalla povertà locale delle città in cui l'Is si è affermato, più che dall'affiliazione ad una ideologia religiosa o dall'affabulazione per gli insegnamenti e dell'Islam.
Giuseppe  Acconcia

(Il Manifesto 26 agosto)