sabato 16 agosto 2014

SE LA POLITICA NON RICONOSCE I MUTAMENTI DELLA SOCIETA’

La corte europea ci chiede di abolire l'obbligo del cognome paterno lasciando libertà di scelta ai genitori. Ma l'Italia patriarcale si mette di traverso. Il rinvio della decisione che doveva esser votata il 16 luglio, segna una battuta d'arresto di un iter che è molto di più che un semplice passaggio parlamentare. È un'importante conquista civile. Che mira a riconoscere sul piano formale le mutazioni che negli ultimi cinquant'anni hanno profondamente modificato i ruoli e le funzioni parentali. Ma niente da fare, almeno per il momento. Lo slittamento della discussione in aula ci allontana ancora una volta dall'Europa. E ci riavvicina a quelle culture tradizionaliste e integraliste che restano violentemente e istintivamente refrattarie al cambiamento. La differenza è che in queste società la mobilità sociale è pari a zero, perché trova un insormontabile contrappeso nella tradizione, nel genere, nella morale tribale. Mentre in un mondo dinamico come il nostro i comportamenti parentali e famigliari sono destinati inevitabilmente ad evolvere. Insieme alle norme che li disciplinano. E chi crede di bloccare una trasformazione che ormai è nelle cose, in realtà vuole mettere il nostro Paese fuori dalla storia.

Perché il benessere e la crescita delle democrazie occidentali si fondano proprio sull'ampiezza delle scelte disponibili. Su una gamma sempre più diversificata di libertà offerte agli individui. Nonché sulla rapidità dei sistemi politici di metabolizzare le trasformazioni in atto. La mobilità è ormai nel nostro esser non solo nella nostra economia. È per questo che certi colpi di coda antimoderni appartengono al passato. Marino Niola (Il Venerdì, 1° agosto)