lunedì 29 settembre 2014

MEDITAZIONE SU MATTEO 25, 31-46

Immaginiamo di essere dentro la scena del vangelo, drammatica, palpitante e piena di ansia. C'è un re-giudice in mezzo e una folla immensa che viene separata in due file: di qua e di là. Ognuno spera di non essere il primo perché vuole vedere come comincia e come va a finire. Perché questa separazione a destra e a sinistra? La paura e grande e l'attesa paralizza. Fin dalle prime parole del giudice prendiamo atto che il giudizio non sarà sugli atti di culto, sulle preghiere, sulle processioni o sulle cose che ci hanno fatto arrabbiare nella vita, ma unicamente sul tipo di relazione che abbiamo intessuto con gli altri. Apprendiamo, infatti, che «gli altri» non sono estranei anonimi, ma un volto noto, conosciuto e creduto: il Giudice che ora vuole esaminare il «mio modo» di accoglienza o rifiuto.
Noi dovremmo saper vivere in modo «trasfigurato», vedendo cioè gli eventi e le persone con gli occhi di Dio: «Beati i puri di cuori!» (Mt 5, 8; cf Sal 73/72,1) che sanno «vedere» Dio oltre il guardare, non immaginarlo e lo sanno scoprire là dove è presente: nel povero, nell'escluso, nel volto anonimo di chi incontrano sulla strada o nello sguardo di paura dell'immigrato braccato dalle leggi incivili di una civiltà suicida. La pagina del vangelo di oggi è discriminante, perché o la prendiamo sul serio o, se siamo onesti, dobbiamo strapparla e buttarla via.
Il contesto è universale e riguarda tutti i popoli, senza differenze, senza qualifiche, senza condizioni: «Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre». Gesù di Nàzaret, nato e cresciuto ebreo si libera da ogni identità particolare per essere il testimone del Dio universale che nessun popolo può contenere e nessuna religione può imprigionare.
Era consuetudine in oriente che alla sera, finito il pascolo, il pastore separasse le pecore dai capri. Contrariamente a quanto pensavano gli Ebrei, il giudizio non consisterà in una separazione etnica, popolo eletto da una parte e pagani dall'altra, ma sarà eminentemente morale: giusti e ingiusti, buoni e malvagi. Nel vangelo di Mt accade un fenomeno non rado nella Scrittura: il rovesciamento delle situazioni, come nella parabola del fariseo e del povero al tempio (Lc 18,10-14), come nel Magnificat di Maria ( Lc 1,51 -53), come nell'esempio degli invitati che scelgono i primi posti che poi devono cedere (Lc 14, 7-11), come nella parabola di Lazzaro-povero e del ricco crapulone (Lc 16,19-26). Alla fine della storia, avremo sorprese inimmaginabili: non credenti e atei che passeranno avanti a coloro che magari si sono illusi in una religiosità di prassi o di convenienza o d identità, facendo i gargarismi con il nome di Dio e usandolo come martello per schiacciare gli altri e assentandosi dagli appuntamenti con la storia, là dove si decidono le sorti della fame e della sete, della sopravvivenza e della dignità delle singole persone e dei singoli popoli. Tanta gente semplice che ha vissuto la propria religiosità senza secondi fini, ma con coscienza e carità, passerà davanti ad esperti e sapienti che con i loro distinguo non si sono mai sporcate le mani e la vita, ma si sono sempre assopiti nella penombra del trono del potere. Allo stesso modo, molti non credenti hanno servito Cristo senza saperlo, rifiutando spesso il Cristo caricaturale dei cristiani, ma non il Figlio dell'uomo che nel giorno del giudizio riconosceranno senza problemi perché lo vedranno nel volto degli uomini e delle donne che hanno servito e per i quali hanno lottato.
Per scegliere in senso etico e non etnico, è necessario possedere lo spirito del discernimento, cioè la capacità di cogliere la verità dei singoli eventi che viviamo e la porzione di verità portata dalle persone che incontriamo. Per imparare questo criterio possediamo due metodi complementari che si integrano a vicenda: la legge delle beatitudini combinate con la legge dell'impossibilità codificata dall'apostolo Paolo: «Dio ha scelto ciò che nel mondo e stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono» (1 Cor 1,27-28). Il risultato finale è la legge suprema dell'agape/amore codificato dal Signore stesso: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35; cf 1Cor 13,1-8), senza nulla pretendere in contraccambio, ma dando la vita e dandola senza riserve.
Siamo ad un bivio e dobbiamo scegliere: o impariamo il discernimento del capovolgimento o dobbiamo essere coerenti e strappare il vangelo di oggi che non ha parole in libertà, ma parole che sono pietre e non lasciano scampo: «fame, sete, forestiero, nudo, malato, carcerato». Due sole possibilità possiamo offrire: o c'ero o non c'ero. Con l'aiuto di Dio!

BEPPE COSTA, comunità di Saluzzo