Le migrazioni non stanno cambiando solo il nostro habitat e le nostre abitudini.
Stanno trasformando anche i nostri corpi. Perché a spostarsi non sono solo gli individui. Ma anche i loro usi e costumi, stili di vita e modelli alimentari. L'effetto è la Nutrition Transition, ovvero transizione nutrizionale. Cosi l'ha chiamata Barry Popkin, docente di nutrizione globale all'Università del North Carolina. Un fenomeno che sta cambiando la taglia del pianeta. Facendo dell'obesità un male epidemico. Che
colpisce, in forme e modi diversi, Paesi ricchi e poveri. Già da qualche anno gli scienziati lo dicono a chiare lettere. Il popolo degli oversize è in crescita esponenziale. E sulle cifre poco rassicuranti del presente si addensa un'oscura nube statistica che prevede un'apocalisse lipidica prossima ventura. Entro il 2030, il 60 per cento della popolazione mondiale, vale a dire 3 miliardi e mezzo di persone, sarà obesa.
E in Italia le cose non vanno meglio. Secondo dati dall'Istituto Superiore di Sanità, il 32 per cento degli adulti risulta in sovrappeso. L'11 ha un indice di massa corporea che si avvicina all'obesità. Mentre l'l1 per cento rientra nei parametri della patologia vera e propria. E l'effetto del rimescolamento alimentare del sistema mondo che abbandona regimi tradizionali per approdare a nuovi modelli di consumo. Così noi stessi
cambiamo forma e dimensione sotto i nostri occhi. E nonostante le battaglie salutiste in corso in Occidente, la partita resta aperta. Dal suo esito dipenderà il profilo ideale dell'umanità di domani. Ma per il momento navighiamo a vista fra consumi bulimici e privazioni anoressiche. Lost in transition.
Nicola Niola
(Il Venerdì 5 settembre)