sabato 18 ottobre 2014

CINEMA. Il mistero del silenzio, il tesoro della parola

Film drammatico, anche angosciante. Il silenzio della bambina autistica, che in famiglia chiamano Pulce, di 9 anni, causa un equivoco impressionante. Pulce comunica scrivendo sul computer. Più che comunicare, risponde a domande. La bambina ha una lesione cerebrale da parto, ma sa cosa vuole. E' una storia torinese, vera (il film è girato a Torino, nella città popolare e nella archeologia industriale), tratta da un libro di Gaia Rayneri (Einaudi). Il dramma che coinvolge tutti, e pesa specialmente sul padre accusato, alla fine si risolve. Questa la conclusione, nel libro e nel film: «ho pensato che Pulce non c'è e non ci sarà mai, non c'è per i periti, non c'è per i libri di mamma Anita, non c'è per le maestre, non c'è per tutti noi perché lei non è e non vuole essere come noi ce la immaginiamo».
Bravissima la sorella maggiore di Pulce, Giovanna, di 13 anni (Francesca Di Benedetto). Vediamo la storia attraverso il suo sguardo bello e sensibile, e le sue poche parole. E lei che aiuta a uscire dalla scontro tra la spaventosa astrattezza della legge, che si appoggia su prove aleatorie, e la vita reale dei bambini e degli adolescenti, così diversi dagli adulti con le loro sicurezze, paure, debolezze.
Il film di Bonito è una coraggiosa denuncia della truffa della «comunicazione facilitata» (tramite il computer), fatta credere come un ottimo e corretto modo di comunicare con gli autistici. Nel film tutto il dramma nasce da una risposta data dalla bambina con questo metodo. Secondo molti si tratta di una delle tante ciarlatanate (ma una delle più subdole) per approfittare della disperazione dei genitori. Nei libri di Franco Antonello Se ti abbraccio non aver paura e Sono richiesti visi sorridenti, il ragazzo 21enne, di solito a livello grave di autismo, davanti al computer diventava una specie di filosofo.
Un ulteriore tema di riflessione è sia il mistero del silenzio, che l'autismo (malattia misteriosa essa stessa, che sembra oggi più frequente) presenta come sigillo duro su realtà interiori invisibili, sia il tesoro della parola, che può aprire spiragli su quel mistero. Noi possediamo quel tesoro e spesso lo scialacquiamo con incoscienza presuntuosa e disastrosa, come questa storia ci avverte. La parola e la specifica qualità umana, eppure, come ammonisce il Qohelet nei primi versetti, e sempre insufficiente, inadeguata, quando non è addirittura un'arma, o un fantasma minaccioso contro la vita e la sua realtà indifesa, qui rappresentata dai bambini. e.p. e d. o.
  • · Pulce non c'è di Giuseppe Bonito, Italia 2014.
(Il foglio n. 414 – 2014)