giovedì 23 ottobre 2014

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA


RITROVARE IL CENTRO

Da Matteo 22, 34-40

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Al tempo di Gesù, anzi già al tempo di Isaia e Geremia, non erano pochi i credenti che, tra centinaia di precetti, si ponevano questa domanda: "Dov'è l'essenziale della nostra vita di fede?".
Dentro tutte le tradizioni religiose, per motivi comprensibili sul piano storico e spesso legati ad una affermazione della propria identità, si è costruito un castello di regole, di riti, di convenzioni. Si è verificato qualcosa di peggio : i "gestori del sacro" spesso hanno fatto dei precetti e delle regole dei veri e propri "comandamenti", spacciando il tutto per volontà di Dio. Un modo subdolo per governare le coscienze.
Tante guerre, addirittura, sono state e sono condotte in nome di Dio. Basta essere attenti al nostro presente.
Noi cristiani e cattolici in particolare ci troviamo - catechismo alla mano - a dover fare i conti con dogmi, devozioni, riti, superstizioni, celebrazioni in numero crescente. Se ascoltiamo una volta con attenzione le "litanie mariane", troviamo un arsenale di amenità e di tanto in tanto si compie un'ulteriore aggiunta. Se consideriamo l'elenco dei santi, c'è da esserne inorriditi.
Sterminatori di "eretici" e di "streghe", inquisitori implacabili figurano accanto ai "santi subito", l'ultima moda cattolica...
Sotto l'ombrello della devozione prosperano reliquie, sindoni, apparizioni. Oggi come ieri.
LA DOMANDA INTELLIGENTE
Il maestro della legge pone a Gesù una domanda pertinente ed intelligente che Matteo, nella sua redazione tardiva, interpreta erroneamente come una provocazione: "Dove sta il centro della nostra fede di credenti ebrei?".
Tutto lascia intenderre che questo maestro della legge fosse uno spirito tormentato da questa montagna di precetti e desideroso, per la sua vita personale e per il suo ministero presso il popolo, di sfoltire la foresta per arrivare all'albero maestro.
Era esattamente in sintonia con la ricerca di Gesù di Nazareth che, a contatto con la gente dei villaggi, si era accorto che molti precetti erano diventati solo pesi insopportabili.
Questa "operazione" oggi interpella quei cristiani/e che, dopo anni di lettura biblica, hanno abbandonato la foresta delle devozioni per ricercare il nucleo essenziale della loro fede.
Per me personalmente è stato un cammino impegnativo, fecondo e liberante. Probabilmente nella chiesa necessitiamo di un processo di concentrazione sull'essenziale per distaccarci da ciò che è deviante rispetto al centro, ai pilastri della nostra fede: "amare Dio con tutte le nostre forze e voler il bene degli altri non meno del nostro".
Dunque una fede matura può prendere congedo da una infinità di pratiche religiose che girano attorno a santi e madonne, a tutto quel mondo devozionale tanto caro all'istituzione ecclesiastica e al commercio del sacro. Guardandoci attorno, constatiamo dolorosamente che si organizzano più pellegrinaggi, processioni e culti vari che non gruppi di lettura biblica. Senza un riferimento serio alla Scrittura, la fede si traduce in una religiosità infantile.
UN CAMMINO DA COSTRUIRE
Scrivo queste righe con il massimo rispetto delle persone che praticano questo arsenale religioso, questo emporio sacro perchè spesso non hanno intravisto altri cammini.
Solo se ci fidiamo della risposta che Gesù dà al maestro della legge, possiamo trovare una fede liberante ed essenziale.
Amare Dio con tutto il cuore non è un sentimento vago, ma un affidarci progressivamente al Suo mistero, alla Sua presenza, alla sorgente della vita, a quell'amore che tiene in essere tutto il creato. Gesù nella sua cultura lo ha chiamato Padre per dargli "il volto" dell'amore che non esclude nessuno.
Amare il prossimo non ha sentieri prestabiliti. Significa non chiuderci nell'isolamento, nel nostro individualismo, combattere l'indifferenza.
L'amore, in queste due inseparabili ed intrecciate dimensioni, è il tutto della vita . Non ho bisogno di esemplificare perchè il bisogno di amore si esprime in mille modi. Basta non essere sordi alla voce del vicino e al grido della strada.
MA PER AMARE....
Sì, credo che ci sia per noi cristiani e credenti un antefatto dal quale non possiamo prescindere.
Diventiamo capaci d'amare se prendiamo coscienza che siamo amati/e. Se scopro di essere una creatura amata da Dio, se prendo coscienza dell'amore ricevuto, più facilmente mi sentirò spinto ad amare. Una comunità cristiana deve annunciare e testimoniare in mille modi che non siamo abbandonati, soli/e, esseri insignificanti, nati/e per caso.
La comunità vive per far esistere e circolare tra di noi e nelle relazioni quotidiane questa esperienza di creature amate e amanti.

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