mercoledì 8 ottobre 2014

GIOACHINO DEL FIORE, 1130-1202

La Chiesa di Costantino era stata in grado di gestire il Sacro Romano Impero, ma la civiltà comunale e mercantile dei secoli XI-XIV, lo stile nuovo nella poesia e nelle arti, l'alba dell'indagine scientifica, producono un nuovo modo di relazionarsi alla Chiesa e alle Sacre Scritture. Molte personalità di grande statura spirituale e culturale si sottraggono in modo clamoroso al successo di una sicure e brillante "carriera ecclesiastica" e scelgono la via dell'anonimato e della povertà quando i vescovi erano, al contrario, nobili rampolli a caccia di prebende. La Gerarchia romana ha intuito il pericolo e ha integrato questi movimenti "pauperisti", con sorprendente rapidità, con la "divinizzazione" leggendaria delle figure carismatiche di maggiore successo: Francesco e Chiara d'Assisi, Domenico Guzman, Antonio da Lisbona (poi da Padova), sono precipitosamente dichiarati santi dopo la loro morte e tumulati in sontuose sepolture per indirizzare sul piano della devozione personale quella che stava diventando una valanga di contestazione istituzionale. Chi non si adegua è dichiarato eretico e affidato al braccio secolare.

Gioachino da Celico, di famiglia agiata (il padre, Mauro, era notaio), fa i suoi primi studi a Cosenza; dopo i primi lavori d'ufficio presso il tribunale regionale di Calabria e i primi contrasti con i superiori, il padre riesce a farlo trasferire alla corte normanna di Palermo. Si urta con l'arcivescovo e abbandona la corte per farsi pellegrino in Terrasanta. Al ritorno si consacra allo studio delle Sacre Scritture, prima in una grotta alle falde dell'Etna, poi nella sua Calabria. È autorizzato a studiare, ma poiché al tempo la predicazione era vietata ai laici, il vescovo lo ordina prete. Lo vogliono monaco cistercense, poi abate (1117) ma Gioachino è sempre in viaggio, attraversa l'Europa, si confronta con gli esegeti, non gli interessa diventare abate. La sua esegesi e la conseguente teologia si sviluppa in modo fantasioso, creativo, leggendo la Bibbia ebraica, il Vangelo e l'Apocalisse in modo unitario: tutta la storia umana è coinvolta nella realtà trinitaria che è sempre contemporaneamente azione del Padre, del Figlio e dello Spirito. Oggi dunque siamo nell'età dello Spirito, che agisce fino alla fine dei tempi. Una bomba culturale troppo pericolosa, un grande spirito profetico celebrato da Dante (Par XII, 140-141), che per secoli verrà considerato sospetto e quasi dimenticato. Un pensiero rischioso, a cui viene preferito l'aristotelismo meccanico di Tommaso d'Aquino, più utile per gli usi dogmatico-burocratici della Curia. Ernesto Buonaiuti ha tradotto (1931) l'intera opera di Gioachino da Celico, meglio noto (dal luogo sella sua sepoltura) come Gioachino da Fiore.

(da Tempi di fraternità, Gianfranco Monaca)