sabato 25 ottobre 2014

LA MUTAZIONE DEI LINGUAGGI

"Se Gesù di Nazareth vivesse ai nostri tempi  e noi, figli della modernità, ci incontrassimo con lui, useremmo un linguaggio del tutto diverso per esprimere la stessa esperienza di profonda sacralità che i suoi discepoli vissero nell'incontro con lui. Non usciremmo mai con immagini quali "Re", "Gran Sacerdote", "Agnello di Dio", "Verbo", "Seduto alla destra di Dio", né con definizioni dogmatiche del suo rapporto con Dio come seconda persona della Santissima Trinità.Ciò non invalida le antiche formulazioni; significa piuttosto non sono più vincolanti per l'uomo moderno perchè non trasmettono più alcuna intuizione rivelatrice".
( Rogers Lenaers, Il sogno di Nabucodonosor, Massari Editore, Pag 45).

Rispetto alle formulazioni dogmatiche di Nicea (325), Efeso (431) e Calcedonia (451) è necessario fare una accurata rivisitazione storica per comprendere la loro distanza dai testi del Secondo Testamento e attrezzarci per un vero "esodo" da queste formulazioni che oggi risultano assolutamente incomprensibili e devianti rispetto al messaggio centrale di Gesù.
"Parlare di Dio oggi, con il linguaggio dei primi secoli, è votarsi all'incomprensione e far correre a Dio il rischio di essere percepito come un mito da relegare fra le anticaglie (Maurice Zundel).
Proprio il rispetto del messaggio originario esige una sua "traduzione" che sia comunicante con il linguaggio odierno. Certo fissismo linguistico, certa ossessione dottrinaria non costituiscono affatto una valorizzazione del messaggio, un atto di fedeltà, ma al contrario mummificano le formulazioni del percorso compiuto perchè gli proibiscono di evolvere, di andare oltre.
don Franco Barbero