martedì 4 novembre 2014

QUANDO IL SENSO DELLA VITA NON SI FERMA AL GIROVITA

Se la pancia prende il posto del volto allora significa che il corpo esaurisce tutto il nostro essere. Se poi il corpo è quello di Falstaff, l'eroe shakespeariano, emblema del grasso straripante e della liberta debordante, la testimonianza vale il doppio.
L'idea di trasformare la pancia in una maschera è del regista Andrea De Rosa, che ha costruito su questo paradosso il suo bellissimo spettacolo Falstaff  in scena fino al prossimo 2 novembre al Teatro Stabile di Torino. Il testo attinge all'Enrico IV di Shakespeare - splendidamente tradotto da Nadia Fusini - che nella vicenda del leggendario grassone, prima favorito e poi rinnegato dal re sull'altare di una morale asetticamente perbenista, lascia intravedere l'avvento della nostra modernità. Che dell'efficienza e della salute ha fatto un articolo di fede.
Ma, come sottolinea il regista, in cambio di tante rinunce, il nostro tempo ci ha dato più longevità che felicità. E il ventre tracimante di Falstaff, immensamente interpretato dal superbo Giuseppe Battiston, fa scandalo perché sta in scena a ricordarcelo. Incontenibile, come la sua fame di vita e la sua indipendenza di giudizio. E tutta qui la differenza con noi, che della vita non abbiamo più fame, ma paura. E della liberta non sappiamo bene cosa fare. E i nostri corpi piallati e immunizzati ne sono la prova.
Questo spettacolo non è certo un'istigazione alla bulimia. Ma una critica all'ossessione contemporanea della magrezza che fa della leggerezza una virtù morale, finendo per formattare corpi e anime. Una dissacrante sollecitazione a riflettere sul senso della vita. Che va ben oltre il girovita. Scusate se è poco.
Marino Niola

(Il Venerdì 24 ottobre)