sabato 13 dicembre 2014

Guardia Piemontese, la storia sulla pietra

I Valdesi arrivarono in Calabria tra il XIV e il XV sec., provenienti dal Piemonte e in particolare dalla val d'Angrogna e dalla val Pragelato. Fame e persecuzioni li avevano spinti lontano, tanto da arrivare in questo angolo d'Italia che si affacciava sul mare ed era protetto da impervie montagne. Un luogo non ospitale, ma sicuro: qui fondarono il paese e qui vissero senza conflitti per quasi tre secoli, affiancando le comunità cattoliche esistenti, vivendo la fede cristiana all'interno delle proprie case, nello stile delle prime comunità apostoliche.
Con la Riforma protestante, cui avevano aderito anche i Valdesi nel 1532, le cose iniziarono a cambiare. La Controriforma cattolica aveva decretato lo sterminio per tutti coloro che non confessavano i principi della Chiesa romana. Il cardinal Ghislieri, futuro papa Pio V, scatenò contro i Valdesi del Piemonte e della Calabria una vera e propria crociata. A Guardia hanno voluto «non dimenticare» questo massacro, intitolando una piazza e la porta del paese, alla memoria di quell'orrore che non risparmio né le donne né i bambini. I pochi superstiti furono costretti a convertirsi al cattolicesimo.
Già all'epoca, a ricordo della strage del 5 giugno 1561, la porta del paese, venne chiamata «Porta del sangue»: ancora oggi la lastra di marmo riporta questa dicitura in italiano e in occitano.
Nel 1558, Gian Luigi Pascale, pastore valdese, venne inviato da Calvino a predicare nelle comunità che qualche secolo prima avevano dovuto abbandonare le valli piemontesi.
Pascale arrivò a Guardia nel marzo 1559. Per la prima volta il Vangelo si faceva eco nelle strade e nelle piazze di questi piccoli paesini montani, subito infastidendo i signorotti locali, che si ergevano a difensori della chiesa cattolica. Il 2 maggio 1559 Pascale fu fatto arrestare dal feudatario di Guardia, Salvatore Spinelli, nel castello di Puscaldo, poi trasferito a Napoli, dove venne processato dal Tribunale dell'Inquisizione e giudicato colpevole. A Roma venne torturato, strangolato e arso vivo di fronte a Castel Sant'Angelo.
Alle spalle del murale, dove si ergeva il tempio valdese, oggi è stato posto un lastrone di roccia alpina su una base di cemento armato, portato a Guardia da Torre Pellice nel 1975 per ricordare le origini del popolo «guardiolo». Sulla roccia è incisa la scritta: «Considerate la roccia da cui foste tratti» (Isaia 51, 1) e alla sua base il 5 giugno 2008 l'amministrazione comunale ha posto una lapide con i nomi dei 118 martiri trucidati il 5 giugno 1561. Dal 2008, il 5 giugno si celebra la «Giornata della memoria». Salendo ancora un po' arriviamo al Belvedere: da qui si può ammirare il blu del mare che si confonde con il cielo.
Dietro alle nostre spalle si erge la Torre di Guardia. Qui, nel silenzio, anche mia figlia Rebecca sente il bisogno di fermarsi a meditare. Guardia Piemontese affascina per la bellezza della natura, per quel mare che sovrasta da questa angusta roccia e per la storia che qui sembra uscire da ogni pietra.
Tornando al parcheggio all'ingresso del paese, scorgiamo il Museo valdese, dove è ospitato il Laboratorio di cucito dell'abito guardiolo. Al piano superiore, il Centro di cultura «Giovan Luigi Pascale». Diamo un ultimo saluto a Guardia prima di scendere verso quel tappeto di mare che sta ai suoi piedi, lasciando alle nostre spalle la speranza che mai venga dimenticato quanto è avvenuto in questo angolo di mondo. »
Nicola Tedoldi

(Riforma 5 dicembre)