Cinquant'anni fa un vescovo (o un predicatore di Santi Spirituali Esercizi) che rivolgesse ai preti un'esortazione morale avrebbe cominciato dalla castità e dalla custodia del sacrosanto celibato, per concludere con la virtù della santa obbedienza. Papa Francesco, invece, incomincia dalla creatività, dalla trascendenza, dalla preghiera. Belle parole, ma concetti astratti, si dirà: in concreto quali provvedimenti intende prendere? Infatti, il papa è un monarca assoluto e come tale concentra in sé il potere legislativo, esecutivo e giudiziario. A lui dunque spetta cambiare la Chiesa, più che esortare i fedeli e i preti al cambiamento.
Il ragionamento non fa una grinza ma rivela quanto profonda sia la devastazione prodotta nelle nostre coscienze da circa duemila anni di cristianità gerarchica, rispetto alla semplicità della proposta evangelica originaria.
"Di quante divisioni dispone il papa?" pare abbia chiesto Stalin ai suoi collaboratori. Più o meno noi poniamo la stessa domanda, e se la sono posta i governi del mondo da Costantino in poi, che avevano assimilato molto correttamente l`ottica delle classi dirigenti ecclesiastico-romane. "Voi abbiate fede, perché noi abbiamo ragione!" questi, in sintesi, i rapporti intercorsi per secoli tra fede e ragione, con una piccola chiosa: "Infatti i sovrani, nostro braccio secolare, ve lo possono dimostrare". Le armi del papa sono spirituali, ma fanno scattare il grilletto di quelle dei principi alleati, che sono molto concrete. E' la politica concordataria praticata dal XVI secolo ai giorni nostri.
Parente stretta del "relativismo", la creatività è stata per circa duemila anni considerata il principale pericolo da cui ha dovuto essere difesa la "sana dottrina" stabilita dai canoni dei concili e illustrata dai teologi approvati. La "libertà", frutto della "verità", per cui sono molti i martiri della fede, è stata profanata, nei secoli dell'onnipotenza burocratico-canonica, soprattutto come sinonimo di "imputabilità" per stabilire la colpevolezza morale di un atto volontario.
Oggi il papa, sovrano assoluto, pone la creatività alla base del comportamento cristiano.
E' lecito immaginare che molti esprimano la loro perplessità in presenza di tale linguaggio. Non può stupire se qualcuno si interroga sulla credibilità di questo papa: se il mondo lo prenderà sul serio, la storia di duemila anni di cristianità dovrà essere "revisionata" in profondità e per buona parte smentita. Se Rosmini e Buonaiuti avevano ragione, si dovrà capovolgere totalmente il modo di annunciare il Vangelo. Se (come affermava Rosmini) il clericalismo è una piaga della Santa Chiesa, se (come affermava Ernesto Buonaiuti) alla base della teologia medievale si deve mettere Gioachino da Fiore (chi era costui?) in luogo di Tommaso d'Aquino e se Giordano Bruno deve essere considerato un martire della fede creativa, se Bernardo di Clairvaux dovrà giustificarsi per aver incoraggiato i Templari alla guerra santa e alla pulizia etnica spiegando loro che uccidere gli infedeli non è "omicidio" ma "malicidio", se l'evangelizzazione delle Indie Occidentali dovrà essere considerata essenzialmente, sulla base delle affermazioni di Bartolomé de Las Casas e dell'esperienza dei Gesuiti del Parana, una brutale operazione di conquista coloniale, se il modello di missione "ad gentes" di Matteo Ricci e Roberto de Nobili era preferibile a quello immaginato dalla Congregazione "de Propaganda Fide"...
Non basterà che un papa (questo o il prossimo, se ce ne sarà uno) chieda perdono in ginocchio cantando il confiteor all'altare della Confessione (il cui baldacchino berniniano è sorretto dalle colonne tortili fuse con il bronzo dei cannoni catturati alla flotta turca nella macelleria di Lepanto).
Non basterà.
E sarà difficile rendere credibili molte canonizzazioni tra loro contraddittorie (Pio IX e Giovanni XXIII, per esempio). Dalle Piramidi alla Grande Muraglia, dal Colosseo ai grandi Templi di tutte le religioni, alle Grandi opere consacrate in ogni tempo al dio Mammona (comunque travestito) la "grande bellezza" grondante sangue, apparirà in tutta la sua sconvolgente, insopportabile, verità e - forse - il mondo fermerà la voce del papa come ha fermato la voce del rabbi di Nazaret (un disfattista antipatriottico!) che annunciava il crollo imminente del tempio di Erode, una delle meraviglie del mondo antico, simbolo del crollo delle illusioni su cui QUEL mondo si reggeva: perché il mondo può anche tollerare la Chiesa per i suoi peccati ma non può tollerare che il "confiteor" esca dalla ritualità e diventi reale conversione dei cuori.
E noi?
Il ragionamento non fa una grinza ma rivela quanto profonda sia la devastazione prodotta nelle nostre coscienze da circa duemila anni di cristianità gerarchica, rispetto alla semplicità della proposta evangelica originaria.
"Di quante divisioni dispone il papa?" pare abbia chiesto Stalin ai suoi collaboratori. Più o meno noi poniamo la stessa domanda, e se la sono posta i governi del mondo da Costantino in poi, che avevano assimilato molto correttamente l`ottica delle classi dirigenti ecclesiastico-romane. "Voi abbiate fede, perché noi abbiamo ragione!" questi, in sintesi, i rapporti intercorsi per secoli tra fede e ragione, con una piccola chiosa: "Infatti i sovrani, nostro braccio secolare, ve lo possono dimostrare". Le armi del papa sono spirituali, ma fanno scattare il grilletto di quelle dei principi alleati, che sono molto concrete. E' la politica concordataria praticata dal XVI secolo ai giorni nostri.
Parente stretta del "relativismo", la creatività è stata per circa duemila anni considerata il principale pericolo da cui ha dovuto essere difesa la "sana dottrina" stabilita dai canoni dei concili e illustrata dai teologi approvati. La "libertà", frutto della "verità", per cui sono molti i martiri della fede, è stata profanata, nei secoli dell'onnipotenza burocratico-canonica, soprattutto come sinonimo di "imputabilità" per stabilire la colpevolezza morale di un atto volontario.
Oggi il papa, sovrano assoluto, pone la creatività alla base del comportamento cristiano.
E' lecito immaginare che molti esprimano la loro perplessità in presenza di tale linguaggio. Non può stupire se qualcuno si interroga sulla credibilità di questo papa: se il mondo lo prenderà sul serio, la storia di duemila anni di cristianità dovrà essere "revisionata" in profondità e per buona parte smentita. Se Rosmini e Buonaiuti avevano ragione, si dovrà capovolgere totalmente il modo di annunciare il Vangelo. Se (come affermava Rosmini) il clericalismo è una piaga della Santa Chiesa, se (come affermava Ernesto Buonaiuti) alla base della teologia medievale si deve mettere Gioachino da Fiore (chi era costui?) in luogo di Tommaso d'Aquino e se Giordano Bruno deve essere considerato un martire della fede creativa, se Bernardo di Clairvaux dovrà giustificarsi per aver incoraggiato i Templari alla guerra santa e alla pulizia etnica spiegando loro che uccidere gli infedeli non è "omicidio" ma "malicidio", se l'evangelizzazione delle Indie Occidentali dovrà essere considerata essenzialmente, sulla base delle affermazioni di Bartolomé de Las Casas e dell'esperienza dei Gesuiti del Parana, una brutale operazione di conquista coloniale, se il modello di missione "ad gentes" di Matteo Ricci e Roberto de Nobili era preferibile a quello immaginato dalla Congregazione "de Propaganda Fide"...
Non basterà che un papa (questo o il prossimo, se ce ne sarà uno) chieda perdono in ginocchio cantando il confiteor all'altare della Confessione (il cui baldacchino berniniano è sorretto dalle colonne tortili fuse con il bronzo dei cannoni catturati alla flotta turca nella macelleria di Lepanto).
Non basterà.
E sarà difficile rendere credibili molte canonizzazioni tra loro contraddittorie (Pio IX e Giovanni XXIII, per esempio). Dalle Piramidi alla Grande Muraglia, dal Colosseo ai grandi Templi di tutte le religioni, alle Grandi opere consacrate in ogni tempo al dio Mammona (comunque travestito) la "grande bellezza" grondante sangue, apparirà in tutta la sua sconvolgente, insopportabile, verità e - forse - il mondo fermerà la voce del papa come ha fermato la voce del rabbi di Nazaret (un disfattista antipatriottico!) che annunciava il crollo imminente del tempio di Erode, una delle meraviglie del mondo antico, simbolo del crollo delle illusioni su cui QUEL mondo si reggeva: perché il mondo può anche tollerare la Chiesa per i suoi peccati ma non può tollerare che il "confiteor" esca dalla ritualità e diventi reale conversione dei cuori.
E noi?
Gianfranco Monaca
(Tempi di fraternità, novembre 2014)