Tra la Leopolda e Piazza San Giovanni sabato 24 ottobre c'era una strada che portava all'auditorium di via della Conciliazione a Roma dove migliaia di persone, soprattutto giovani, si sono ritrovati a discutere di legalità e di lotta alla corruzione. Libera aveva convocato Contromafie, gli stati generali dell'antimafia. Un vero peccato che la rappresentazione mediatica abbia oscurato non tanto l'evento ma il clima, il significato e i contenuti con cui quelle persone si sono cimentate per tre giorni. Un lavoro che ha raggiunto anche buoni livelli di riflessione e di proposta e che ha toccato questioni concrete e tecniche riguardanti i temi della sicurezza e della cultura della legalità. Un cantiere che dovrebbe vedere l'utile apporto di tutte le forze sane della politica, dell'economia e della società. Un cantiere che parla al mondo dell'informazione, dell'educazione, del sindacato, dell'impresa... Ed è preoccupantemente miope considerare quelle riflessioni come fossero un prodotto di nicchia per addetti ai lavori che non riguardano le sorti del Paese. Basta leggere almeno i titoli dei seminari che si sono svolti all'interno di Contromafie per rendersene conto! Basta dare uno sguardo al Manifesto che raccoglie sinteticamente le proposte emerse. Sarebbe sufficiente scorrere i nomi degli esperti italiani e internazionali che hanno offerto il loro contributo di competenza, analisi, ricerca. E in fondo non è difficile comprendere come una cultura della legalità più consolidata in economia, politica, informazione... costituisca un fattore fondamentale per la crescita e lo sviluppo a 360 gradi. Ovvero integrale e completo. Umano, ecologico, economico... Che questo Paese sarebbe sicuramente migliore e più competitivo se esiliasse il fattore corruzione dalla propria grammatica quotidiana e che svuotare la vasca di coltura in cui nuotano le organizzazioni criminali non ha solo un senso etico altissimo ma è questione politica nel significato più nobile. Don Ciotti lo ha scandito più volte e in molti hanno ripreso il concetto: «Le mafie non sono una società a parte ma piuttosto sono parte della società». Pertanto non si tratta semplicemente di affinare gli strumenti giudiziari, le forme di lotta, la capacità di indagine contro le famiglie criminali. Piuttosto si tratta di sconfiggere il sistema mafioso che si nutre di sottrazione di diritti, di povertà diffuse e crescenti, di furbizia eletta a criterio guida tanto della quotidianità quanto della gestione della Cosa pubblica. Un impegno nel quale dobbiamo riconoscere di essere gravemente in ritardo e che dovrebbe vedere maggiormente la concentrazione degli sforzi di tutte e tutti. Tra gli ospiti e i relatori internazionali c'è stata anche la signora Nardi Suxo Iturri, ministro del governo boliviano per la trasparenza e la lotta contro la corruzione. Ha parlato dei passi avanti compiuti dal suo Paese sulla via dell'uguaglianza tra tutti i cittadini e di come la lotta alla corruzione sia un fattore decisivo su questa strada. Ha parlato dei metodi utilizzati e dei risultati conseguiti. La standing ovation che le è stata a lungo tributata al termine, dice eloquentemente della sete di normalità che soffriamo ancora in Italia su questi temi. Anche su questo dal sud del mondo ci pervengono lezioni che sarebbe vitale accogliere e mettere in pratica.
Tonio Dell'Olio
(Rocca 15 novembre)
Tonio Dell'Olio
(Rocca 15 novembre)