giovedì 18 dicembre 2014

RAPPORTO SULLE TORTURE CIA - E’ ALLARME

NEW YORK. Scatta la massima allerta nelle ambasciate e nelle basi militari Usa di tutto il mondo. La pubblicazione, prevista entro questa settimana, forse già oggi, del primo rapporto ufficiale sulle torture della Cia, «può scatenare rappresaglie», avverte Washington. Contro la divulgazione di quel documento infuria uno scontro ai massimi livelli. Si muove anche l'ex presidente George Bush. Uscendo dal suo tradizionale riserbo, Bush rilascia una dura dichiarazione alla Cnn: «Gli uomini e le donne della Cia sono dei patrioti che servono il paese, siamo fortunati ad averli. Se il rapporto sminuisce il loro lavoro, è completamente sbagliato». S'incrina forse perfino il fronte dell'Amministrazione Obama. Mentre la Casa Bianca fin dall'inizio ha voluto questa operazione-verità sulla tortura, il segretario di Stato John Kerry viene assalito da dubbi, suggerisce un rinvio. Al centro di accuse e pressioni ora c'è una donna, personaggio-chiave da molti anni nella politica di sicurezza americana. E' la senatrice della California Dianne Feinstein, una veterana con 22 anni di carriera parlamentare alle spalle, nonché presidente della commissione di vigilanza sui servizi. La Feinstein è considerata un ″falco″ in politica estera. Ma come relatrice del rapporto su Cia e tortura, ha sposato la linea della trasparenza su metodi come il "waterboarding" (la tortura dell'acqua, con simulazione di annegamento/soffocamento). Ha il pieno appoggio dell'Amministrazione Obama. Adesso la Feinstein e la Casa Bianca sono nell'occhio del ciclone e rischiano un effetto boomerang, qualora dovessero avverarsi le paure di attentati contro sedi americane all'estero.
L'allarme nelle ultime ore lo ha diramato il Dipartimento di Stato intimando alle ambasciate di «rivedere tutte le misure di sicurezza in vista di una serie di reazioni che potrebbero verificarsi». Di tenore analogo il messaggio che il Pentagono ha inviato a tutte le forze armate: «Prendete misure appropriate di protezione all'interno dei vostri perimetri». Interrogato se anche il Pentagono sia contrario alla pubblicazione di quel rapporto, il portavoce della Difesa colonnello Steve Warren ha dichiarato: «Queste sono decisioni politiche a un livello superiore. Esiste certamente la possibilità che la pubblicazione del rapporto scateni disordini».
Un altro attacco duro da parte repubblicana, oltre a quello di Bush, lo ha sferrato colui che occupa la stessa posizione della Feinstein alla Camera. Il deputato Mike Rogers, presidente della commissione di vigilanza sui servizi alla Camera, ha definito la pubblicazione «una pessima idea». Rogers ha detto di avere ricevuto avvertimenti da parte di governi stranieri: «Ce lo dicono i nostri alleati: questo rapporto provocherà violenze e morti».
Cosa ci sarà nelle conclusioni della commissione d'indagine? 480 pagine, il riassunto di un'inchiesta ben più voluminosa (6.000 pagine) di cui la massima parte resterà ″classified″, secretata. In quel sunto ce n'è abbastanza per dimostrare gli abusi di potere della Cia, l'uso illegale della tortura, le violazioni di norme americane ovvero di convenzioni internazionali. Il grosso riguarda i metodi usati negli interrogatori dei presunti membri di Al Qaeda dopo l'11 settembre 2001 . Soprattutto quegli interrogatori che la Cia conduceva nelle sue basi segrete fuori dagli Stati Uniti, in Europa e in Asia (qualche volta su detenuti che erano stati oggetto di ″extraordinary rendition″, sequestri e deportazioni anch'essi illegali). Sono cose in parte già note grazie alle inchieste giornalistiche, e a WikiLeaks. C'è perfino un film che ha vinto l'Oscar per aver descritto quegli interrogatori. Ma ben altra cosa è trovarne conferme in un rapporto ufficiale del Congresso degli Stati Uniti. Secondo le anticipazioni fatte domenica dalla televisione Cbs, il rapporto contiene le prove che la Cia andò «al di là di ciò che poteva essere legalmente consentito». E che la stessa agenzia d'intelligence mentì alla Casa Bianca, al Dipartimento di Giustizia e al Congresso sulla ″efficacia″ dei suoi metodi d'interrogatorio. Perché questo è l'altro punto scottante, che fa meno scandalo forse all'estero, ma rafforza le denunce qui in America da parte dei difensori della legalità e dei diritti umani: la tortura fu, secondo la stessa ammissione di molti dirigenti della Cia, perfettamente inutile. Le confessioni o informazioni estorte così non diedero risultati decisivi nella lotta al terrorismo.  
Federico Rampini

(Repubblica 9 dicembre)