mercoledì 21 gennaio 2015

“Alemanno era il lasciapassare”

La più grande fortuna dell'associazione mafiosa guidata dall'ex Nar Massimo Carminati è stata l'elezione dell'ex sindaco An Gianni Alemanno.  
Lo scrivono chiaro e tondo i giudici del Riesame nelle 87 pagine con cui hanno respinto la richiesta di scarcerazione dei boss che hanno pilotato oltre 200 appalti pubblici. Per i giudici ci sarebbe stato un «salto di qualità» negli affari sporchi di Mafia Capitale grazie «al fatto che, a seguito della nomina di Alemanno quale sindaco di Roma, molti soggetti collegati a Carminati da una comune militanza politica nella destra sociale ed eversiva e anche, in alcuni casi, da rapporti di amicizia, avevano assunto importanti responsabilità di governo e amministrative nella capitale».  

Il clan asso piglia tutto  
L'ora x della corruzione praticata con «intimidazioni e omertà» in pieno stile mafioso, scatta nel 2008, anno in cui il clan riesce ad «espandere» le sue attività criminali nei settori economici della Capitale e della pubblica amministrazione. Dai campi rom, a quelli per i profughi, passando per la gestione delle aree verdi e la raccolta dei rifiuti. Il collegio del Riesame presieduto da Bruno Azzolini conferma la pista investigativa dei carabinieri del Ros, agli ordini del generale Parente e del colonnello Russo: si trattava di «una delle più pericolose organizzate e ramificate», soprattutto per la capacità di «infiltrazione nel settore politico-economico e imprenditoriale». Il gruppo aveva «sostanzialmente il monopolio dell'acquisizione degli appalti dei servizi del Comune» che si consumava in un clima di omertà al punto che «nessuno (in sede politica o con denunce penali) ha mai osato denunciare il sistema di chiaro stampo mafioso vigente».

Carminati l'intoccabile  
Al vertice viene confermato Carminati, definito come un violento assai pericoloso la cui «personale storia criminale ha certamente contribuito ad accrescerne la fama. Il fatto che dalle accuse a lui mosse a proposito del suddetto depistaggio (per la strage di Bologna, ndr) e dell'omicidio Pecorelli sia stato assolto unitamente alla circostanza della non pesante condanna comminatagli per il clamoroso furto del caveau, hanno contribuito ad accrescere tale notorietà valorizzando la nomea di «intoccabile», di personaggio in grado di uscire indenne da ogni situazione in ragione di oscuri collegamenti con centri di potere ai massimi livelli».

Associazione mafiosa  
Il clan di Carminati e Buzzi - su cui la procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone ha indagato due anni - era dunque un'associazione mafiosa a tutti gli effetti con contatti con altre organizzazioni criminali. Sul fronte economico, aggiungono i giudici, il «Guercio» si «avvale della partecipazione criminale di quelli che sono stati definiti imprenditori collusi e nella pubblica amministrazione opera attraverso le cooperative che fanno capo a Salvatore Buzzi e che detengono una posizione assolutamente dominante negli appalti, in numerosi settori dell'attività del Comune di Roma e di altri minori enti pubblici territoriali, che ottengono attraverso l'opera di corruzione dei pubblici funzionari e/o attraverso la loro intimidazione». Grazie alle influenze dell'ex giunta Alemanno, appunto.
Grazia Longo

(La Stampa 8 gennaio)