venerdì 6 marzo 2015

Il coraggio di uno stato palestinese

Una parte notevole anche se al momento (forse) minoritaria di israeliani pensa esattamente le stesse cose. Un recente episodio dice quale sia l'atmosfera. Lo scrittore David Grossman ha ritirato la sua candidatura al "Premio Israele" dopo quello che ha definito «un pesante intervento» del premier Benjamin Netanyahu, critico verso la composizione della giuria, a suo parere composta da troppi «antisionisti». A seguito del suo gesto altri cinque candidati si sono ritirati mentre si dimettevano 11 membri della giuria su 13. Il procuratore di Stato Yehuda Weinstein ha definito l'intervento di Netanyahu illegale dopo di che il premier ha dovuto rivedere il suo atteggiamento, almeno sul premio. In Israele si vota martedì 17 marzo e questo spiega in parte il nervosismo. Ma le elezioni (anticipate) non spiegano tutto. Il più autorevole storico israeliano, Zeev Sternhell, che ha vinto nel 2008 il Premio Israele per le Scienze politiche nel libro Nascita d'Israele. Miti, storia, contraddizioni (in Italia per Dalai ed.) scrive che mentre la nascita di Israele nel 1948 si giustifica con la situazione angosciosa creatasi nella prima metà del Novecento, per cui «un popolo così perseguitato aveva bisogno e meritava non solo un rifugio ma un suo proprio Stato», il tentativo ostinato di mantenere i territori conquistati con la Guerra dei sei giorni (1967) «sa molto di espansione imperiale». Quanto al riconoscimento di uno Stato palestinese in una recente, bellissima intervista all'Huffington Post italiano Sternhell ha detto: «I parlamenti europei che hanno votato per il riconoscimento dello Stato di Palestina hanno fatto una scelta politicamente significativa, coraggiosa; alcuni ripetono che non è il momento opportuno, vorrei che spiegassero qual è per loro quel momento. Una risposta sincera sarebbe: mai».
Corrado Augias

(Repubblica 24 febbraio)