martedì 3 marzo 2015

LA PAURA DI ESSERE SE STESSI

Finché siamo bambini, semplicemente siamo. Abbiamo fame, e chiediamo cibo; siamo addolorati, e piangiamo; abbiamo paura, e ci nascondiamo tra le broccia di qualcuno affinché ci protegga. Poi, a un certo punto della nostra evoluzione, tutta questa spontaneità diventa ingombrante, non va più bene: la mente, con le regole che ho imparato, prende il sopravvento, e l'avere tutto sotto controllo diventa un valore al quale uniformarsi.
E' molto difficile, quando siamo molto giovani, comprendere veramente chi siamo e, soprattutto, vivere fuori dal branco, essere diversi. La maggior parte degli adolescenti ha come unico scopo quello di confondersi con gli altri e, in questo modo, sentirsi al sicuro; ed è un atteggiamento diffuso anche tra gli adulti.
Siamo pronti a sacrificare la nostra verità per omologarci al sentire comune; diamo retta soltanto alla nostra mente, che ci propone quello che ha imparato, e ci troviamo o confondere quello che sappiamo con quello che realmente siamo. Perché rinunciamo alla nostra meravigliosa unicità, a ciò che ci rende originali e irripetibili? Semplicemente perché la paura di essere noi stessi ci ha indotto a credere che la nostra modalità di essere non fosse adeguata, che - per qualche ragione - non andassimo bene così come eravamo. Invece di ascoltare i nostri talenti, abbiamo accertato il giudizio e la critica che ci venivano dall'esterno, modificandoci. Per essere come qualcun altro ci voleva, abbiamo abdicato alla nostra essenza, ci siamo allineati ai modelli sociali e culturali, abbiamo permesso che i desideri di chi ci circonda ci plasmassero.
Se fossimo come siamo non saremmo amati e riconosciuti, questo è la paura più forte.
Quando siamo in equilibrio a livello della personalità, non abbiamo paura di essere noi stessi né, tantomeno, temiamo di alienarci l'amore essendo ciò che siamo. Agiamo rispettando la nostra essenza e, in ogni scelta che compiamo, ci confermiamo liberi di seguire la nostra essenza, senza pregiudizi o censure. Questo ci conferisce un potere personale: il potere di essere noi stessi. E' il potere di, non il potere su; non vuol dire che cerchiamo di esercitare il dominio o il controllo sugli altri, ma è l'attitudine che ci permette di essere pienamente ciò che siamo.
Accettiamo i nostri punti di forza e potenziamo quelli di debolezza, e questo ci fa crescere. Perché, dunque, dovremmo essere diversi? Cosa ci spinge a porci dei traguardi che non ci interessano o non ci competono? La risposta è sempre  la stessa: il timore che, non tacendolo, gli altri smetterebbero di amarci.
Se diamo uno sguardo alla nostra vita, ci accorgiamo che abbiamo sempre cercato l'approvazione di chi ci stava a cuore, dai genitori ai partner, e non solo: volevamo il riconoscimento dei superiori, perfino dei nemici...
Adeguandoci alle loro aspettative, con il timore che - essendo veramente noi stessi - ci avrebbero bandito dal loro cuore.
Ecco come nasce la paura di non farcela, di non essere conformi agli standard fissati da altri e idonei alle sfide che ci sentiamo di dover affrontare ogni giorno, tutti i giorni. A volte lo sgomento ci morde i garretti, facendoci galoppare in direzioni sbagliate per noi; così, oltre all'ansia di non raggiungere ciò che ci siamo prefissi, emettiamo verso noi stessi il verdetto di colpevole di incapacità.
La paura mina il potere di essere quello che siamo: crediamo di essere inferiori a uno standard ideale che, per sua stessa natura, è irraggiungibile e arranchiamo tutta la vita. Ci troviamo ad aver paura di decidere, di fare, anche solo di sperare. Quando sposiamo questo modo di essere, ci snaturiamo e fingiamo sempre, per dare a intendere di essere qualcosa che non siamo, come il fatto di non provare sentimenti o emozioni o di non soffrire in certe situazioni.
La paura, in genere, ha un potente «braccio secolare». Tutto questo, infatti, si realizza soltanto grazie all'uso smodato di ipercontrollo, il guardiano inflessibile e spietato di ogni moto dell'anima. L'esercizio di questo strumento richiede un'attenzione costante e tenace, serve per imbrigliare gli aspetti creativi, e quindi fuori dallo standard, di ciò che siamo. In ogni aspetto della nostra esistenza dobbiamo riportarci al modello, continuamente, trasformando gli aspetti che risultano diversi e appiattendo ogni creatività esistenziale. Le sensazioni, i sentimenti, l'espressione di noi devono tacere, perché renderebbero meno efficace il nostro ipercontrollo, facendoci sfuggire le redini della nostra vita. Peccato che così perdiamo la nostra essenza.
Per interrompere il ciclo della paura di essere noi stessi, e dell'auto svalutazione che la genera, occorre riconnetterci con la nostra parte più profonda, accettando la nostra essenza peculiare, nella magnifica unicità che ci contraddistingue. Dobbiamo anche pensare che chi ci ama lo fa proprio per queste nostre irripetibili caratteristiche.
L'errore che spesso commettiamo è quello di non riconoscere, ciò che ci rende unici e, se noi per primi non siamo in grado di amare quello che siamo, come possiamo pensare che lo facciano gli altri? E' come immaginare di tenere acceso un fuoco senza alimentarlo con la legna, prima o poi si spegne. Se non siamo liberi di essere ciò che siamo, prima o poi ci smorziamo.
Rossella Panigatti
(da: Rossella Panigatti, La paura della paura, TEA, Milano 2013)