sabato 28 marzo 2015

NELLA VITA C'E' UN CENTRO

I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti» (Matteo 22. 34-40).
Quando la Bibbia ci ribadisce, nei due Testamenti, il comandamento dell'amore, quando a più riprese ripete il verbo amare, io provo immediatamente uno sfuggente e sottile disagio. Di questa parola sono piene tanto le predicazioni dei parroci di tutte le chiese quanto le canzoni di tutto il mondo. Di questa parola spesso un po' tutti/e ci riempiamo la bocca a cuor leggero. Persino Berlusconi diceva (pensate a che punto può arrivare la sfrontatezza di certi governanti) di fare le leggi per amore del popolo italiano!
Eppure, come uomini e donne inseriti nel cammino ebraico-cristiano sulla strada di Gesù, bisogna mille volte ripartire da questi pochi versetti per riscoprirli nel loro spessore.

Ebrei e cristiani
Una bella gioiosa constatazione: Gesù non fa che riprendere le parole del Levitico e del Deuteronomio, il cuore della fede ebraica. Per lui, credente ebreo nel Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Sara e di Agar, la risposta era ben chiara e l'aveva appresa alla sinagoga del suo villaggio. Amare Dio con tutto il cuore... e amare il prossimo come se stesso rappresentano anche per Gesù, come per moltissimi credenti di Israele, il "tutto" della fede di cui si alimentava la vita quotidiana. Gesù sapeva che non c'è proprio nulla da aggiungere.
Ebrei e cristiani abbiamo lo stesso centro della nostra fede. Questa è la radice profonda, insopprimibile, che ci unisce e ci unirà anche in futuro. Questa è la conversione alla quale siamo chiamati insieme, ebrei e cristiani.

La genialità di Gesù
Il testo di Matteo, tradotto letteralmente, suona cosi: "Quale grande comandamento c'è nella legge?". A1 versetto 38 dovremmo leggere: "Questo è il grande e primo comandamento".
La genialità di Gesù consiste, in perfetta sintonia con la sua esperienza di ebreo credente e devoto della Torah, nel collegare i due comandamenti, suprema espressione della volontà di Dio. Egli cosi rende ancor pin evidente che il primo senza il secondo non sta in piedi e che il secondo, cioè amare il prossimo come se stessi, trova la sua origine nel primo.
Due amori che per il credente sono inscindibili. Matteo non ci dice che questi due "precetti" sono la stessa cosa: "il secondo è simile al primo" (v. 39). L'una cosa non dispensa dall'altra: ci vogliono tutte e due. L'una richiama l'altra in una continua circolarità. L'amore adorante di Dio ha un suo spazio, che non può essere assorbito dall'amore del prossimo senza privare la fede di una sua dimensione costitutiva. Così pure l'amore di Dio, quando non "produce" amore del prossimo, rischia di ridursi ad illusione religiosa, a fuga dalla realtà.

Sono appesi
Il testo greco del versetto 40 può essere tradotto più fedelmente così: "Tutta la legge (Torah) e i profeti sono appesi a questi precetti".
Che bella questa espressione! Tutto il messaggio biblico è condensato in questi due precetti. Tutta la vita di fede è come appesa a questi due comandamenti "come una porta sta sospesa a due cardini, uno più alto e uno più basso. Ma la porta non gira su un cardine solo", scrive Alberto Mello. Questa pagina del Vangelo non ha perso nulla del suo vigore. Troppe vite franano e fanno naufragio perché "appendono" la loro esistenza a cardini inconsistenti, alle mode, al vuoto, a ciò che non ha spessore, ma solo apparenza.
Il messaggio di Gesù ci fornisce un'indicazione preziosa e precisa: appendi la vita all'amore, fai che l'amore sia ciò che regge la vita.
Ecco in che direzione dobbiamo dirigere i nostri sforzi, far convergere le nostre energie. Ecco qual è il criterio di valutazione della realtà, dei progetti, delle relazioni: vale ciò che è "appeso" all'amore, ciò che sta nell'ottica e nella pratica dell'amore, ciò che orienta le nostre scelte quotidiane e le "misura" con questo criterio.
Non è necessaria una lunga riflessione per capire che una vita "appesa all'amore", alla giustizia e all'onesta è decisamente contro corrente ed ha bisogno di un "riorientamento" continuo, di una conversione continua, di "ricentrarsi" ogni giorno sull'essenziale.

Il comandamento
Anche in questa pagina biblica possiamo trovare aiuto per "fare centro" sull'essenziale. Per venire incontro a questo nostro bisogno Dio ci dona i Suoi "comandamenti". In verità questo vocabolo, nella stagione in cui tutti parlano e promuovono almeno a parole l'autonomia dei soggetti, può avere ai nostri occhi un senso arcaico, strano, e suonare come realtà fuori tempo o come moneta fuori corso.
Invece nella Bibbia ci viene ricordato che Dio ci offre i Suoi "orizzonti", ci indica alcuni "paletti", ci disegna alcune tracce, perché non ci lascia soli nel cammino della vita, che pure nessuno compirà al nostro posto. Nelle difficili ascese dei nostri monti chi ha disegnato delle frecce, chi ha indicato dei sentieri non ha per nulla inteso costringerci o toglierci la libertà del nostro percorso: ha voluto aiutarci nell'orientamento e metterci al riparo da qualche imprudenza o da qualche pericolo.
La preziosità del dono dei comandamenti può essere illustrata da questa "storiella" ebraica: "Perché, si chiedono i Maestri, nella Scrittura Israele viene paragonato a una colomba?"... A questa domanda uno dei commentatori risponde con questa parabola: "Quando Dio creò la colomba, questa tornò dal suo Creatore e si lamentò: o Signore dell'universo, c'è un gatto che mi corre sempre dietro e vuole ammazzarmi ed io devo correre tutto il giorno con le mie zampe così corte. Allora Dio ebbe pietà della povera colomba e le diede due ali. Ma poco dopo la colomba tornò un'altra volta dal suo Creatore e pianse: o Signore dell'universo, il gatto continua a corrermi dietro e mi e così difficile correre con le ali addosso. Esse sono pesanti e non ce la faccio più con le mie zampe così piccole e deboli. Ma Dio le sorrise dicendo: "Non ti ho dato le ali perché tu te le porti addosso, ma perché le ali portino te".
Questo vale per noi. Se i due comandamenti dell'amore restano dei pesi, non ne comprendiamo né il senso né il valore. Se diventano le nostre ali... ci aiutano a correre nei sentieri dell'amore con fiducia e con speranza.
Dio ci regala delle "ali" perché la nostra vita possa spiccare il volo e non rimanere prigioniera nella palude dell'indifferenza, dell'egoismo, della solitudine. Questa pagina del Vangelo ci può aiutare a scoprire le "ali" che Dio ci ha donato.

Franco Barbero, 2003