domenica 1 marzo 2015

Svizzera. Sami Aldeeb: «La malattia del Corano è la rivelazione»

La malattia del Corano è la rivelazione», ha ripetuto più volte Sami Aldeeb il 29 gennaio scorso di fronte alla Societé vaudoise de théologie di Losanna. La conferenza del direttore del Centro di diritto arabo e musulmano apriva il seminario 2015 sul tema: «Il religioso: soluzione o fonte di conflitti?».
In un linguaggio a volte molto crudo, con una provocazione mirante a fare reagire il pubblico, Sami Aldeeb dimostra che la questione della rivelazione del testo, comune a tutte le religioni monoteiste, sta bloccando oggi l'islam. «Nel cristianesimo si ammette ormai che la rivelazione del testo è una parola dell'uomo su Dio, è pertanto permesso contestualizzare certi testi violenti della Bibbia come iscritti in una determinata epoca. Ma nell'islam, si ritiene a grande maggioranza che la rivelazione è una parola di Dio per l'uomo», spiega Sami Aldeeb. «Va detto che il Corano è stato scritto da un rabbino sbadato. Ma se dite "E' Dio che ha detto", allora mettete Dio nei pasticci. Fate di Dio un macellaio!».

Ubbidire a Dio, non agli uomini. Concretamente, questa differenza di statuto del testo sacro impedisce ai credenti musulmani di entrare sinceramente nella democrazia e di superare il diritto rivelato di cui sono eredi. «Se la legge è stata dettata da Dio, allora è immutabile, Dio non cambia, non c'è ragione di cambiare la sua legge», spiega il ricercatore. ln questa concezione, «quando andate a votare, fate lo stesso lavoro del Buon Dio sul monte Sinai!». Egli fa il paragone con il cristianesimo: «Lo hippie senza fissa dimora Gesù non si curava dei divieti del giudaismo, non era legislatore per niente! Di sicuro, non è con le norme di Gesù che si poteva pensare di dirigere un Paese». Tanto che quando l'Impero romano adottò il cristianesimo, fu proprio il diritto romano a imporsi: «La legge è quella che il popolo prescrive e stabilisce», lungi dall'«ubbidite a Dio e a Maometto» difeso dal Corano.

Come superare la rivelazione? Come superare allora questo rapporto con il testo? Diversi intellettuali musulmani rimettono tuttavia in discussione la percezione rigorista della rivelazione. Ma non osano esprimersi pubblicamente. Sami Aldeeb spiega di aver incontrato difensori di tre prospettive. La prima sarebbe di negare qualsiasi rivelazione divina. «Alla fine del racconto della creazione della Bibbia, Dio si riposa, non ci viene mai detto che è tornato dalle sue vacanze. Perché sarebbe tornato per dettare dei testi a Mosè o a Maometto?», spiega Sami Aldeeb. La seconda è di rifiutare le parti del Corano scritte a Medina e di conservare solo la rivelazione fatta a La Mecca. Per questo bisogna ricordarsi che il Corano è stato scritto  in due tappe. Maometto ha ricevuto una profezia a La Mecca, poi, una volta diventato capo di Stato a Medina, ha modificato il suo testo. Queste aggiunte tardive sono all'origine delle violenze che risultano nel Corano, secondo Sami Aldeeb. Maometto si è allora servito del suo testo per fare rientrare nel rango i suoi oppositori politici. Il problema è che nelle edizioni tradizionali del Corano, i testi non figurano nell'ordine cronologico. Ma Sami Aldeeb ha appunto prodotto una traduzione in francese del Corano nella quale ha ristabilito i testi nel loro ordine di scrittura.
Infine, un terzo modo di superare i problemi legati alla rivelazione del testo sarebbe di comprendere diversamente la parola di Maometto «Sono l'ultimo profeta». Non nel senso che dopo di lui tutto è stato detto, ma nel senso che dopo di lui l'umanità dispone della maturità necessaria per sviluppare il proprio pensiero. «Dio ha ritenuto che era tempo di svezzare l'umanità».

Le università mancano al proprio compito! Al momento delle domande, dopo la conferenza di Sami Aldeeb, il disagio era percepibile: come sapere ciò che è vero circa i discorsi tenuti sull'islam? Mentre la maggior parte dei responsabili musulmani ci presentano l'islam come pacifico e compatibile con la democrazia, Sami Aldeeb, eccellente conoscitore di questa religione, ce ne fa un ritratto molto più duro. Il ricercatore denuncia la misconoscenza delle dottrine e del Corano, anche fra i musulmani. «Le università hanno mancato al proprio compito; le facoltà di Teologia ci prendono in giro», denuncia rimpiangendo la mancanza di conoscenza media che hanno i ricercatori circa questa religione e l'assenza di discorso critico fatto al suo riguardo. «Non vi chiedo di credermi e di avere fiducia in me quando vi parlo dell'islam, vi chiedo di informarvi e di apprendere!».
Joël Burri
(Traduzione dal francese di Jean-Jacques Peyronel)

(Riforma 20 febbraio)