domenica 1 marzo 2015

UMANIZZARE LE CURE PER RENDERLE MIGLIORI

I REGOLAMENTI da caserma sono nel DNA ospedaliero. In origine, infatti, reparti, divisioni, padiglioni e perfino latrine obbedivano a criteri organizzativi militari. La sanità pubblica è cominciata così: camerate, rancio e gerarchie rigide. Difficile capire perché dell'impostazione iniziale, si sia conservato un nucleo così inossidabile, basato sul sistematico disprezzo per le fragilità del paziente. In troppi ospedali è meno d'un soldato semplice, ha l'obbligo di obbedire, adattarsi ad attendere, facendo quel che gli si dice senza discutere. Disagi? Poco importa se gli orari della sveglia e dei pasti obbediscono ai bisogni del personale e siano stabiliti su criteri sindacali a tutela di turni e week end. Poco importa che i tempi risicati di ascolto di pazienti e familiari, siano giustificati dall'interminabile serie di incombenze di medici e infermieri stressati, precari, frustrati dagli interessi privati di chi comanda. L'importante è dare ai cosiddetti "luminari" l'agio di fare i propri comodi, visitare in privato, incassare più danaro di quanto previsto dallo stipendio.
La legge regionale ligure, per esempio, giustifica la concessione della libera professione ai responsabili delle Unità Operative come argine alla "fuga dei cervelli". Nessuno dei migliori, infatti, s'accontenterebbe del salario. Il cliente è chi paga, insomma. Gli altri, che con le tasse mantengono la struttura, sono a carico della Regione o dello Stato, più sono a disagio e più si rivolgono al privato. Ecco perché chi dirige in Ospedale non può avere interessi altrove. Nelle Facoltà di Medicina non si insegna quasi nulla sulla relazione di cura e sull'ascolto, niente su umanità, compassione, presa in carico, conforto, consolazione. Eppure una Medicina efficiente sa che i costi  si contengono solo se le persone hanno una buona relazione coi curanti, se la salute si conquista attraverso un progetto compreso, condiviso, prudente, sobrio. Se i ricoverati mangiano e dormono decentemente e vanno regolarmente al gabinetto. Chi insegna di tutto ciò non sa granché o preferisce ignorarlo.
Paolo Cornaglia Ferraris

(Repubblica 23 febbraio)